Un inedito Giappone, in cui il codice dei nobili samurai, associato nella mentalità comune e nella tradizione culturale quasi esclusivamente a figure maschili, appartiene anche a valorose guerriere.
Donne pronte a ogni sacrificio, condottiere implacabili decise a esercitare il proprio potere con l’orgoglio e con le armi per cambiare il proprio destino, tra battaglie, frecce, e demoni universali e personali.
Si parte da qui per entrare in Storie di donne samurai. Get to the hidden sanctuary, una mostra immersiva (in corso fino al 26 novembre 2023 negli spazi espositivo di TENOHA Milano) realizzata da Tenoha in collaborazione con L’Ippocampo Edizioni e ispirata all’omonimo libro illustrato da Benjamin Lacombe con i testi di Sébastien Perez (L’ippocampo edizioni).
Sono le onna-bugeisha, donne guerriere o “la guerriero femminile” per traduzione letterale, di estrazione nobile, appartenente alla casta dei bushi, ossia dei samurai. Le onna bugeisha erano le mogli, figlie e sorelle di asmurai, che come i loro mariti, erano impegnate a servire un signore, nel Giappone feudale a partire dal 1100.
Erano addestrate al combattimento ed alle arti marziali, con le caratteristiche armi destinate alle onna-bugeisha: l’arco, la lancia ma soprattutto la naginata, un lungo bastone sul quale è montata una tagliente lama, pensata apposta per essere usata da una donna.
Tomoe Gozen è una delle onna-bugeisha più conosciute. Servitrice del generale Minamoto no Yoshinaka, al fianco del quale combatté le sue battaglie, Tomoe è l’unica guerriera descritta nella letteratura epica della tradizione samurai. L’appellativo “gozen” significa “onorevole”, e può indicare che non fosse di nobili natali. Di lei si narra nell’Heike Monogatari, poema epico giapponese. Gli epiloghi di questa donna samurai sono numerosi: alcuni si concludono con la morte di Tomoe in battaglia, altri con la sua sparizione in mare o nelle colline con la testa del marito. Secondo altri ancora, sarebbe divenuta una suora buddista.
Ci sono poi le sorelle Miyagino e Shinobu, che nel XVII secolo impararono le arti marziali per vendicare l’uccisione del padre, o ancora Nakano Takeko, a capo di un’armata di sole donne durante la Guerra Boshin nell’Ottocento oramai inoltrato.
Stando ai testi, le onna-bugeisha mantenevano i loro capelli lunghi e lucenti. La pelle doveva essere bianca e pallida, curata e tamponata molto probabilmente con polvere di riso, per simboleggiare la grazia anche in battaglia.
“Le donne samurai – scrive Matthias Hayek nella sua prefazione al volume Storie di donne samurai – sono uno di quei filoni che si stanno imponendo negli ultimi anni. Le imprese di Tomoe Gozen rievocate da Benjamin Lacombe e Sébastien Perez come pure quelle di Shizuka e di Yamabuki erano al centro delle rappresentazioni teatrali per marionetti in voga sul finire del XVII secolo.
Si trattava per lo più di adattamenti tratti dallo Heike monogatari, un’epopea medioevale nata a partire da un repertorio di canti eseguiti da monaci con l’accompagnamento del liuto. L’opera narra gli scontri fra due grandi clan di guerrieri i Taira e i Minamoto che nel XII secolo rivaleggiavano per il controllo politico e giudiziario sulle famiglie della classe militare e per aumentare la propria influenza a corte…”.
“Le protagoniste dei racconti di questo volume e presentate in mostra – scrive Benjamin Lacombe nell’introduzione al libro – sono ribelli, dissidenti, fuorilegge. Alcune hanno sfidato le norme plasmando il proprio destino, come Nakano Takeko che creò un suo esercito femminile perché quello regolare le era interdetto”. Toccanti e piene di fascino, le voci di queste intrepide eroine sono l’eco di un coro che giunge dal passato, ricordandoci la fragilità dei diritti conquistati dalle donne e l’incredibile tenacia e coraggio con cui nel corso dei secoli hanno continuato a rivendicare la parità di genere”.
Un tempio giapponese con un giardino zen e stanze sensoriale sono allestite nel percorso espositivo dove l’innovazione tecnologica e un passato millenario di storia sono presenti con oggetti e ricostruzioni rese ancora più reali da video, installazioni, animazioni, audio ed essenze. Si passa da una stanza costellata di frecce rivolte verso il percorso dello spettatore, a un’altra in cui si vive la cerimonia del tè e di bellezza della donna giapponese; si incontrano quegli strani animali che costellano la tradizione popolare giapponese.
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