La giornalista sportiva, già protagonista in ‘Drive Me Crazy 2’ e ora volto di ‘Motors’, ci racconta la sua frequentazione “causale” con inchiostro e tattoo art.
Irene Saderini, domandina semplice semplice: come nasce il tuo interesse per la tattoo art?
Non nasce. Nel senso che il caso, perlomeno all’inizio, ha avuto un peso determinante nelle mie scelte legate all’inchiostro. Certo, uno può guardare la mia manica destra e pensare che ti stia prendendo in giro, ma ti assicuro che le cose sono andate esattamente così. Per puro caso.
Cosa ricordi del tuo primo tattoo in assoluto?
Che lo feci giovanissima, a Los Angeles, nella metropoli dove mi ero trasferita a vivere allora. Scelsi il soggetto di una piccola àncora e me la feci tatuare sotto al braccio. Niente di ché, ma la storia in pratica è partita da lì. Poi, grazie alle conoscenza di tatuatori sempre più preparati, è anche aumentata la mia voglia di tattoo più vistosi. E con quelli ho decorato gran parte della mia manica destra.
Il fatto di esserti finora tatuata un solo braccio sottintende un inizio di qualcosa? Oppure volevi delimitare fin da subito la tua passione su una circoscritta zona cutanea?
No, la parola “fine” non mi è mai piaciuta e non è per niente detto che la mia ricerca sia terminata con la manica destra. Questa cosa l’ho capita mentre, in passato, aggiungevo inchiostro su inchiostro. Anche se effettivamente prevedo qualche futura differenza…
Di che tipo?
Beh, col senno di poi i miei prossimi tattoo me li farei in punti meno visibili perché li vorrei tenere solo per me… (riflette) Mi rendo conto che nell’era dei social, dove tutti spiano tutti, questa sia una sorta di chimera, ma non è ancora detta l’ultima parola.
Tatuaggi estetici o zeppi di significato? Tu da che parte stai?
Io li ho fatti sia per un motivo che per l’altro e, ad essere sincera, non è che finora ci abbia capito granché! (ride) Battute a parte, sono seria, molto seria.
Soprattutto quando mi chiedo se un vero appassionato di tattoo art sia più intrigato dalla forma o dallo sostanza di certi disegni su pelle.
Una volta ho letto su di te che ti diverti a sfidare le persone che incontri sul vero significato dei tuoi tattoo…
Effettivamente le cose stanno così dato che i miei tatuaggi più personali sono legati ad un determinato periodo. E mi riferisco a quando facevo un altro tipo di giornalismo, ovvero l’inviata di guerra in territori come l’Afghanistan e l’Armenia. Quei tatuaggi li ho poi inglobati in un concept più esteso per celarli allo sguardo degli osservatori più superficiali.
In effetti sono avvolti da un piumaggio voluminoso…
Esatto. Quello che tu chiami “piumaggio” in realtà è una felce velenosa che ingloba tutti i soggetti del mio braccio destro. L’idea me l’ha suggerita Steven, al secolo Stefano Oldrini (IG: @stefano_oldrini), un bravissimo tatuatore che conobbi a Città Del Messico. Lui fa dei lavori davvero splendidi: intendo anche in termini di grandezza.
La felce velenosa è una metafora?
Sì. O forse mi piacciono le creazioni della natura, chi lo sa… (sorride) Sulla spalla, ad esempio, ho anche un fiore di carciofo tutto cosparso di spine.
Una natura irta e spigolosa, la tua, se me lo concedi.
Già. La felce velenosa, quando vuoi toccarla, di suo tende a ritrarsi: chi vuol capire… capisca! (ridacchia) Infine, per chiudere il cerchio ho anche un pavone che è visto come l’uccello della morte e non perché io mi ritenga un’anima dark, affatto.
Semplicemente non mi andava di aggiungermi alla lista di coloro che si sono tatuati la solita fenice che risorge dalle proprie ceneri…
Tu sei nata a Bolzano, giusto?
Confermo.
Allora perché ti sei tatuata un nodo da marinaio? Che poi non ci sarebbe niente di male se uno di Genova si tatuasse un paio di sci, ma spiegamelo meglio tu…
Perché, fino ai miei 22/23 anni, ho avuto una bella carriera nel giro delle barche a vela da competizione. Un’attività che mi ha portato fino in Nazionale. Diciamo che mi hai cavato un mezzo scoop con questa domanda perché ai quei tempi non c’era ancora Instagram ed io resto di una generazione che qualche piccolo segreto è riuscito a proteggerlo fino a qui! (ride)
Questa tua rivelazione forse spiega perché, sempre all’interno del tuo braccio destro, hai il tattoo Realistico di una imbarcazione di lusso adagiata su di un ingranaggio nautico. Giusto?
Esatto. Quella barca è la Mari-Cha IV, un superyacht straniero che al principio degli anni 2000 ha battuto diversi record di navigazione. L’adoravo come mezzo nautico. L’ingranaggio, invece, è un semplice pignone. Stesso nome del componente meccanico che, tra l’altro, si monta nelle moto.
E qui si apre il capitolo della tua carriera quando facevi l’inviata al seguito della MotoGP e della Superbike/SBK. Dimmi la verità, nel paddock si sente parlare talvolta di tattoo art?
Beh, se incontri motociclisti vistosamente tatuati come Scott Redding e Aron Canet stai pur certo che l’argomento può venir fuori. Anche Fabio Quartararo, l’attuale campione del mondo, pilota Yamaha in MotoGP e ragazzo tatuato a sua volta, la sa lunga in tal senso. La passione dei tatuaggi non conosce confini. Paddock compreso.