Lavora in un luogo meraviglioso (Il Golfo Paradiso nei pressi di Sori), il suo studio si chiama ‘Coral Tattoo’ e ovviamente tatua splendidi esemplari marini.
Com’è che un bel giorno Stefano Oldrini diventa “Testimone del Mare” e si scopre tatuatore in grado di padroneggiare dei così affascinanti soggetti marini?
Beh, sono sempre stato attratto dal mare e il motivo potrebbe essere che sono nato in provincia di Varese. (sorride) Mio padre mi portava lì d’estate e trascorrevo le mie giornate tra gli scogli, in cerca di granchi e polpi. Ero come ossessionato dalla cosa. Poi mi sono avvicinato alla pesca in apnea, circa una decina di anni fa, in Belize.
Una vera e propria epifania?
Sì, due anni dopo ho deciso di cambiare completamente vita, lasciare il mio lavoro di grafica 3D e iniziare a tatuare viaggiando per il Sud e il Centro America. Da piccolo ho imparato a disegnare usando foto di animali e quindi, cominciare tatuando soggetti di quel genere, beh, mi sembrava la scelta più coerente.
Il mondo marino è ancora sconosciuto in gran parte oltreché una fonte inesauribile di idee. Sento che non mi stancherà mai.
Dal tuo studio di Sori, il ‘Coral Tattoo’, vedi quotidianamente il mar ligure immerso in un panorama mozzafiato. Lo reputi un chiaro vantaggio per trovare la giusta ispirazione?
Nella maniera più assoluta. Sai, mi reputo molto fortunato e grato nel vedere il mare ogni singolo giorno. Il Golfo Paradiso non smette mai di stupirmi, ma per trovare una costante ispirazione sento la necessità di viaggiare spesso e confrontarmi con artisti e paesi diversi. Beninteso, sempre senza allontanarmi mai troppo dal mio amato mare!
Sbaglio o data l’eleganza dei tuoi soggetti ti ritrovi una clientela a maggioranza femminile? Oppure siamo al classico 50 e 50?
Al momento direi 60% uomini e 40% donne. E, se posso spezzare una lancia, aggiungo che le donne sono sicuramente più resistenti al dolore della macchinetta ad aghi! (ride)
Ti affidi a delle enciclopedie di zoologia marina per realizzare i tuoi pesci oppure ti basta guardare una foto e poi personalizzi il tutto tramite il tuo talento?
Le illustrazioni occidentali del Ottocento, in particolare il lavoro di Haeckel e Giltsch, hanno sicuramente cambiato il mio immaginario.
Come le stampe orientali e in particolare quelle giapponesi, restano sempre attuali nella composizione e nelle scelta dei soggetti. È incredibile il progresso fatto dall’illustrazione scientifica prima dell’invenzione della fotografia.
Oggi abbiamo la fortuna di ammirare anche i progressi della tecnica, e apprezzare foto e video di animali che gli illustratori dell’epoca potevano solo immaginare con la fantasia.
Sai, con il tempo penso sia giusto trovare una propria strada per non “dipendere” troppo da quelle fonti a cui tutti hanno accesso.
Il tuo metodo di reperimento del materiale quindi qual è?
Beh, io provo a farlo usando foto reali o esperienze dirette, senza dimenticare i capolavori e la ricerca del passato.
Pensi di aver avuto dei maestri importanti giunto a questo punto della tua carriera?
Per quanto riguarda il tatuaggio in Italia due artisti come Marco Matarese e Raniero Patutiki sono stati i primi a credere in me. A Londra, sei anni fa, invece incontrai un tatuatore coreano di nome Ildo.
Fu il lui il primo tatuare adoperando la tecnica “whipshading” e mi impressionò non poco la velocità e la libertà del suo agire.
In Messico, poi, ho conosciuto Guadalupe Carlota che mi ha aperto le porte del suo studio e continua ad essere tuttora un amico importante col quale amo confrontarmi su qualsiasi tema.
Il film più bello e il romanzo più emozionante che hai approcciato con protagonista il mare?
Tra i romanzi più belli letti recentemente ti direi ‘Il Libro del Mare’ dove si parla della ricerca estenuante di un pesce leggendario. E vi consiglio al 100% il documentario ‘México pèlagico’.
E le tue ultime parole famose sono…?
Un bel detto messicano! Eccolo: “Para todo il mal el mar, para todo bien también” (“Per chi sta male il mare, ma anche per chi sta bene”. Ndr).