Intervista con Howie Abrams, autore di ‘The Blood and the Sweat’. Un libro HC (dedicato alla vicenda dei fratelli Lou e Pete Koller) semplicemente essenziale.
Howie, come è nata l’idea di questo bel libro sui Sick Of It All?
Beh, conosco quei ragazzi da molto, molto tempo; da prima che gli stessi Sick Of It All si formassero. Sai, siamo tutti originari del Queens (New York) e ci siamo incontrati grazie ad amici comuni alle matinée del CBGB. In quel periodo avevo messo in piedi la mia In-Effect Records e sono diventato la loro prima etichetta discografica “vera e propria”.
Dopo diversi anni, invece, ho cominciato a scrivere libri. Ad un certo punto ho ritenuto che fosse giunto il momento di conoscere le persone che stavano dietro alla musica. Così ho chiesto a Lou e Pete se volessero raccontarmi la loro storia dalla prospettiva di essere cresciuti insieme e di aver gestito la band come se fosse una faccenda tra fratelli. La loro prima reazione? All’inizio erano scettici sul fatto che qualcuno volesse leggere un’opera come ‘The Blood and the Sweat’, ma poi hanno accettato la mia proposta. Sono felice che l’abbiano fatto.
La scelta di concentrarsi sulla “storia orale” della band e non su di una canonica autobiografia è dovuta al fatto che questo doveva essere principalmente un libro veloce ed “hardcore”?
Credo che il motivo principale per cui il libro è venuto fuori così dipenda dal fatto che io ho parlato sempre con loro due: Pete e Lou. Volevo che i lettori carpissero le somiglianze e anche le differenze di vedute riguardo a ciò di cui stavamo discutendo.
Tra l’altro avevi già adottato la stessa formula quando hai scritto la storia di H.R. dei Bad Brains, no?
Per quanto riguarda H.R. si è trattato di una storia orale pura, perché lui non ricordava molte cose, quindi abbiamo chiesto a tutti gli altri intervistati di completare il suo racconto.
Tattoo Life è un blog dedicato alla tattoo art e trattare i fratelli Koller sottintende anche parlare della scena dei tatuaggi nella New York degli anni ‘80 e ‘90: è successo anche nel tuo libro?
La cosa buffa è che non abbiamo discusso granché di tatuaggi tra queste pagine. Probabilmente perché si tratta di argomenti così personali. Non “personali” nel senso di privati, ma per il semplice fatto che sarebbe stato come parlare di tagli di capelli o cose del genere. (sorride) Per i Sick Of It All i tatuaggi sono solo un’espressione personale visibile dall’esterno.
Il titolo del libro è molto tattoo-friendly. A me ha ricordato l’interno di uno studio di tatuaggi davvero grezzo e pregno d’inchiostro. Anche se il punto di riferimento, in questo caso, è il titolo di un disco fondamentale…
Sì, quel titolo si riferisce all’album di debutto dei Sick Of It All. Vale a dire ‘Blood, Sweat and No Tears’ del 1989. E ovviamente alla canzone contenuta al suo interno ‘The Blood & The Sweat’.
Si tratta di un’allusione alla loro grinta ed etica del lavoro, ma si può applicare anche a diverse altre cose, tatuaggi compresi. Certamente ai tatuaggi per quel che riguarda la parte… del “sangue”! (ride)
In Italia il libro esce per Tsunami Edizioni ed è stato presentato in anteprima lo scorso agosto ad un concerto dei Sick Of It All in quel di Milano. Ti è mai capitato finora di pubblicizzarlo in uno studio di tatuaggi o durante una convention?
Non abbiamo fatto nulla di tutto ciò. Negli Stati Uniti ‘The Blood and the Sweat’ è uscito per Post Hill Press nel 2020, in piena pandemia da Covid, quindi le nostre opzioni erano pressoché limitate. C’era in programma un grande evento di lancio a New York che poi è stato ovviamente annullato. Tuttavia, abbiamo chiesto ai fan di acquistare il libro online dal nostro negozio preferito, Generation Records, e abbiamo dato loro un codice privato per un “botta e risposta” con la band su Zoom. Direi che è andata piuttosto bene.
Ti piacerebbe comunque l’idea?
Sì, sarebbe bello parlare di questo libro in eventi legati alla tattoo art tipo convention, mostre, studi di tatuaggi ecc. Voglio dire: ci sono così tanti fan dei Sick Of It All in giro per il mondo con il logo della band tatuato sulla loro pelle…
A proposito: tu sei tatuato?
In effetti sono tatuato. È buffo perché, crescendo all’interno della scena hardcore newyorkese, tutti avevano tatuaggi e credo che parte della mia ribellione sia collegata a non averne fatti quando ero più giovane. Quando tutti si rasavano la testa, io portavo i capelli lunghi. Sono una persona strana,lo so. Ora, ad esempio, ho molti tatuaggi e pochi capelli! (ride)
Qual è lo stile predominante dei tuoi tatuaggi?
Sfoggio un po’ di tutto. Ho un mix di tatuaggi tradizionali e non tradizionali Giapponesi, graffiti, soggetti culturali, tributi alla mia famiglia ecc.
Sono di mentalità piuttosto aperta, ma tendo a non scegliere mai il Tradizionale Americano.
Perché?
Mi piace lo stile, ma credo che quei tatuaggi abbiano attirato l’interesse di troppi poser. Persone che si sono fatte un milione di pezzi del genere in pochissimo tempo. Quindi me ne tengo alla larga.
Hai qualche tatuatore da consigliarci nella zona di New York?
Ovviamente ci sono tantissimi artisti fantastici nella Grande Mela, ma alcuni dei miei preferiti restano Kaves (IG: @misterkaves) del ‘Pigtown Tattoo Atelier’ e Steven Huie (IG: @stevenhuie_flyrite) del ‘Flyrite Tattoo’. Steven in passato ha fatto un ottimo lavoro di design anche per i Sick of It All.
In passato ha lavorato per la Roadrunner Records. Tra i tuoi “clienti” c’erano per caso anche i Biohazard o i Madball? Anche lì chissà quante storie tatuate avrai sentito…
Ho lavorato sia con i Biohazard che con i Madball. Questi ultimi, tra l’altro, li feci anche firmare con la Roadrunner. Al di fuori degli Agnostic Front, sono state quelle le due band più tatuate con cui ho collaborato finora a livello discografico. Sai, gli autori di ‘Cause for Alarm’ e ‘One Voice’ sono stati per anni la band più tatuata di New York e i Madball erano un’estensione degli stessi Agnostic Front, quindi era perfino logico che fossero molto tatuati a loro volta.
Vinnie Stigma gestisce ancora uno shop chiamato ‘New York Hardcore Tattoos’ (IG: @nyhctattoos) nel Lower East Side. Credimi, quel ragazzo ha davvero un milione di storie da raccontare! Ho appena intervistato sia lui che Roger (Miret, il cantante degli Agnostic Front. Ndr) per il prossimo libro di Clayton Patterson dedicato alla storia dei tatuaggi a New York.
Ci dici in conclusione perché un amante della musica, senza dover essere necessariamente un fan dell’hardcore o dei Sick Of It All, dovrebbe leggere questo libro in particolare?
Perché ‘The Blood and the Sweat’ è una storia di perseveranza, dedizione e passione. Questi ragazzi, Lou e Pete Koller, sapevano fin da piccoli che non volevano seguire la strada dei lavori d’ufficio e tutto il resto che ne consegue.
Amavano la musica e hanno avuto le palle di provarci contro ogni previsione, in una scena in cui il denaro non è mai stato l’obiettivo finale.
Eppure, in qualche modo e alle loro condizioni, si sono guadagnati da vivere per decenni facendo ciò che amavano ed amano tuttora. Il termine chiave, per me, è proprio “amore”. È l’amore, difatti, che gli ha permesso di sostenere ciò che fanno e questa loro passione traspare agli occhi dei fan. Diciamo che condividono quella stessa “fiamma” con i loro ascoltatori.
Hai già in cantiere un nuovo libro?
Attualmente sto lavorando all’autobiografia di Vinnie Stigma degli Agnostic Front di cui ti parlavo prima. Sarà una delle più grandi storie rock ‘n’ roll mai raccontate! Vinnie ha visto e fatto di tutto, e si muove all’interno della vita con uno scopo così puro. I suoi fan adoreranno questo libro. Inoltre Kaves (IG: @misterkaves) e io abbiamo recentemente finito di lavorare a un libro per bambini con protagonisti i Grateful Dead, che farà seguito a quello realizzato tempo fa sui Metallica.
E le tue ultime parole famose sono…?
Non sono vere e proprie “parole famose”, ma tant’è… (riflette) Ok, seguite i vostri sogni e non tradite mai la vostra passione. Il motivo? Beh, tutto ciò rende la vita molto più proficua e interessante!
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