Abbiamo incontrato Carolina e Stefano. E, partendo dal loro studio vogherese, ci siamo fatti spiegare diverse cose sul loro rapporto sentimentale ed artistico
Tanto per cominciare, ci raccontate qualcosa di voi?
Ciao, ci chiamiamo Carolina Caos Avalle e Stefano Galati, proprietari del “Royale Ink Collective” di Voghera. Siamo entrambi tatuatori oltreché una coppia (nella vita e nel lavoro) che opera in questo settore da otto anni. Ci siamo conosciti nel 2011, in un periodo davvero particolare della nostra vita e, forse per questo, il destino ci ha fatti incontrare.
Cosa intendente per “particolare”?
Sai, eravamo tutti e due un po’ alla deriva… Hai presente quel periodo dell’esistenza che può capitare un po’ a tutti? Quando hai dentro qualcosa, ma non sai come farla uscire e non trovi mai la direzione giusta? Ebbene, quando ci siamo incontrati, per noi è iniziato il nostro percorso di vita e lavoro. In primis abbiamo creato un posto dove si suonava e si dipingeva. Avevamo una sala-prove, spesso facevamo delle feste con gli amici e quel luogo veniva chiamato da tutti “Cascina Royale”.
Da lì sarebbe diventato il nome dello studio che poi abbiamo aperto a Voghera il “Royale Ink Collective”, appunto.
Professionalmente parlando, prima di diventare tatuatori, cosa facevate?
Carolina ha studiato illustrazione e animazione e ha lavorato per un breve periodo in tale campo. Stefano, invece, era un grafico pubblicitario. Abbiamo iniziato ad approcciarci al mondo del tatuaggio unendo i nostri studi precedenti.
Però imparare tutto da soli è stato veramente difficile! (risate) Il nostro approccio è partito dalla pittura, dal disegno, dai nostri studi precedenti di grafica/illustrazione e da li abbiamo cercato di capire come trasportare tutto ciò all’interno del tatuaggio. Quando ci siamo sentiti pronti, nonostante la paura e l’angoscia fossero tante, abbiamo aperto il nostro studio. Beh, è stata la cosa migliore che potessimo fare!
Ditemi ora dei vostri vari passaggi artistici…
Gli step più importanti per la nostra carriera sono stati senz’altro il viaggiare molto, le innumerevoli guest e le collaborazioni più il continuo confronto con i nostri colleghi e le convention dove ci siamo messi alla prova in numerosi contest. In seguito a questo si sono aperte molte porte che ci hanno permesso di crescere, di essere più riconosciuti e di avere molte più richieste da parte dei clienti che tuttora apprezzano il nostro modo di lavorare.
Fino ad arrivare ad avere una clientela esclusiva che, sempre di più, ci richiede lavori realizzati in coppia oltre che singolarmente.
Quindi lavorate anche sullo stesso progetto?
Sì. Spesso su richiesta specifica del cliente realizziamo dei lavori in collaborazione, soprattutto se i progetti sono molto ampi. Quella che ci unisce è una sorta di sintonia trovata fin dall’inizio sia e, pur avendo due stili totalmente diversi, riusciamo ad amalgamarli senza problemi.
Carolina si occupa della parte illustrativa, realistica e dell’impostazione del progetto. Stefano più dell’aspetto grafico e del bilanciamento del tattoo sulla parte interessata del corpo, studiandone la forma finale, i pesi e gli equilibri. Col passare del tempo e grazie ai lavori che pubblichiamo periodicamente sui social sempre più clienti ci chiedono nuove collaborazioni e si affidano a noi per delle nuove idee e soluzioni.
Cosa ci dite, quindi, del vostro stile?
Beh, non abbiamo una definizione precisa per quanto riguarda esso. Ci piace mischiare molte tecniche ed apportare sempre nuove soluzioni per i nostri “incastri” artistici. Nel corso del tempo sia Carolina che io abbiamo dato una definizione ai nostri stili personali che sono il frutto dei nostri studi e del nostro background. Abbiamo iniziato questo percorso dovendoci confrontare con chi ci ha preceduti e imparare numerosi stili e tecniche di esecuzione. Al momento siamo riusciti a creare una nostra interpretazione personale fondendo assieme un bel numero di stili fino a creare delle composizioni – per così dire – uniche e armoniche .
Chi lavora al Royale Ink Collective oltre a voi?
Con noi lavora Riccardo Mera che si occupa della parte un po più “commerciale” e la sua predilezione restano i tatuaggi old school con una ironica influenza cartoon. Per nostra scelta – e a causa di passate esperienze negative – da tempo abbiamo deciso di concentrarci su di una atmosfera più familiare.
La nostra filosofia è “pochi, ma fidati” e spesso ospitiamo guest sia italiani che internazionali.
In questo caso preferiamo lavorare con tatuatori con cui ci troviamo, non solo a livello professionale, ma soprattutto umano.
E la vostra attrezzatura qual è?
Abbiamo lavorato e provato svariati materiali: macchine ad aghi, inchiostri ecc. Ci piace pensare che dietro a qualunque strumento – buono o meno buono – sia sempre importante la qualità della “mano”. Oggi, ad esempio, lavoriamo con Cheyenne che riteniamo sia l’eccellenza a livello per quel che riguarda macchine e aghi. Per quanto riguarda gli inchiostri usiamo diverse marche e ci piace sperimentare e provarne sempre di nuovi.
Domanda impegnativa: esiste per voi il tattoo perfetto?
Non penso si possa mai definire un tatuaggio con l’aggettivo “perfetto”. Ci sono troppe variabili e molto soggettive. Ad esempio c’è chi lo trova in un tattoo eseguito alla perfezione a livello di tecnica, considerando solo linea e saturazione. Per noi invece, oltre alla tecnica-base, sono fondamentali l’armonia, l’impatto, l’equilibrio il bilanciamento. Ci interessa soprattutto come un tatuaggio “vesta” sul corpo e come esalti la parte tatuata che va, appunto, a rivestire.
Parlateci dei vostri progetti futuri…
Stefano è sempre stato appassionato di writing e grafica mentre Carolina di pittura e illustrazione. Ultimamente Carolina ha approfondito soprattutto la pittura a olio che aveva accantonato negli anni per dedicarsi al tatuaggio. Stefano, invece, sta lavorando a dei “mixed media” che realizza su vari supporti. Crediamo che entrambi questi nostri studi possano venirci utili in futuro a livello di tattoo art in generale. Negli ultimi anni, inoltre, stiamo lavorando sempre di più con clienti esteri. Ecco perché la speranza è quella di tornare a viaggiare e lavorare fuori dall’Italia, anche per lunghi periodi di tempo.