A colloquio con l’artista “perfezionista” di Castello di Godego che ha appena vinto un premio alla ‘Tattoo Expo’ di Roma e lavora nel suo ‘Atelier Zombie’ animata da una ferrea convinzione: tramutare il lavoro in passione (e non viceversa).
Rebecca, leggendo il tuo nome d’arte avrei detto che tu fossi una tatuatrice più legata ai generi Horror o Dark mentre invece scopro che eccelli in pezzi Dotwork, Geometrici e Ornamentali. Quindi, da dove deriva quello “Zombie”?
In realtà sono semplicemente una nostalgica. “Zombie” era una parte del mio vecchio nickname su MySpace quando ero solo una ragazzina dark!

Quando ti sei scoperta per la prima volta in vita tua tattoo artist?
Posso essere sincera? Diventare tattoo artist è stato un insieme di casualità. Voglio dire: l’ho sempre desiderato, ma mai avrei pensato di riuscirci. Tutto è iniziato quando un tatuatore da cui andavo con una certa frequenza mi disse: “Rebecca, perché non provi?”. Da lì ci ho dedicato anima e corpo ogni santo giorno.

E quando hai capito che la precisione e l’accuratezza dei soggetti erano il tuo asso nella manica?
Beh, quelle hanno sempre fatto parte di me. Possono tranquillamente confermartelo i miei appunti delle superiori e dell’università. (sorride)

Che cosa conta di più in una tua creazione su pelle? La precisione di ciò che stai disegnando o l’imperfezione artistica che – quando c’è – dona unicità al tutto?
Ah, perché è contemplata pure l’imperfezione? (ride) No, io resto morbosamente legata alla precisione: diciamo che mi mette in equilibrio anima e cervello. Ci soffro proprio fisicamente se vedo qualcosa che per me è imperfetto all’interno del mio lavoro. E purtroppo – ahimè – lo trovo sempre… (sospira)

Sei reduce da un premio (il “Best Large Black and Grey”) ottenuto alla scorsa ‘Tattoo Expo’ di Roma. Mi racconti di quel tatuaggio in particolare che ti ha visto portare a casa un bel primo posto?
A quel pezzo sono molto affezionata perché è il continuo del braccio – tuttora uno dei miei preferiti – eseguito l’anno prima. In realtà si tratta di un progetto molto semplice visto che si tratta degli stessi elementi del braccio ricomposti con differenti incastri e grandezze sul front.
Però, credimi, l’eroe in questo caso è stato il mio cliente capace di sopportarmi per ben due giorni di fila!

Mi parli del tuo studio privato “Atelier Zombie” che si trova a Castello di Godego in provincia di Treviso? Che atmosfera si respira tra quelle pareti?
Quello è il mio piccolo angolo di paradiso (IG: @atelierzombie__privatestudio). Ho voluto creare un posto dove tatuare, ma senza avere l’impressione di stare in un ambiente di lavoro. Difatti, quando varchi la soglia del mio ‘Atelier Zombie’, sembra più di entrare in una vecchia casa che in uno studio vero e proprio. Il mio più grande obbiettivo è l’essere al lavoro senza sentirmi… al lavoro! In pratica è questo che voglio per chiunque collabori con me.

E le tue ultime parole famose sono… ?
“Aspetta che prima diamo un bel giro di palo santo!”. Ormai è diventata la mia frase di inizio e fine giornata! (risate)



