A colloquio col tatuatore originario di Ostia che non ama il ruolo di resident, ma adora sbizzarrirsi con gli stili Biomeccanico e Bio-organico. Leggi l’intervista!
Leviamoci subito il dente: chi si nasconde dietro la maschera di Mr. Nobody?
Eh, bella domanda! Di solito ho la tendenza a “nascondermi”, ma allo stesso tempo vi ringrazio per l’opportunità di quest’intervista. Mi fa molto piacere e forse potrebbe essere la volta buona che mi lascerò un po’ andare! (ride) Comunque, dietro la maschera di Mr. Nobody, si cela Roberto. Un ragazzo di quasi trent’anni di origini romane. Anzi, sono nato ad Ostia, per essere ancora più precisi.
Aver scelto un nome d’arte così neutro (“Il Signor Nessuno”) sottintende che non sopporti la figura del tatuatore superstar onnipresente sui social? Oppure vuoi dare risalto solo alle tue creazioni artistiche?
In realtà questo nome è nato un po’ per gioco. I miei vecchi colleghi svizzeri (compreso il mio titolare) mi prendevano in giro perché la mia precedente identità che circolava sui vari social – “Robby Tatuaggi” – era troppo da ragazzino e non proprio da tatuatore professionista…
Quindi l’hai cambiata…
Esatto. Ero rimasto affascinato da un film – “Mr. Nobody”, appunto – con Jared Leto in veste di protagonista. In quella pellicola vengono rappresentate tre vite diverse, tutte svolte in maniera assolutamente differente. E alla fine non si capisce più quale di queste benedette tre vite Nemo (l’attore principale. Ndr) abbia effettivamente vissuto!
Insomma, immaginati uno di quei film che ti fa “incartare” il cervello sulle varie possibilità dell’esistenza e di quanto tutto in fondo sia così casuale e aleatorio… Bene, essendo anche io sempre un po’ incerto e legato alle decisioni del caso, mi sono scelto questo nickname. E, poco dopo, ho smesso di mettere la mia faccia sia su Facebook che su Instagram…
Come mai?
Perché non amo mescolare la figura lavorativa con quella personale. Posto solo i miei lavori e il mio volto non si vede praticamente mai.
Prendilo anche come un vantaggio visto che non avere un’immagine pubblica ti fa spendere meno tempo ed energie.
Tutte cose che posso convogliare nel miglioramento del mio mestiere, no? Poi, per quanto riguarda il tatuatore superstar onnipresente sui social di cui parlavamo prima, non ho nulla in contrario con chi riesce con naturalezza ad essere aperto e a creasi dell’audience attorno a sé! (ride) Mi piacciono le persone carismatiche ed, essendo questa una vera e propria giungla, per me ognuno può fare ciò che vuole. Ti assicuro che se ne fossi portato, beh, lo farei anch’io…
Mi racconti qualcosa di te: come ti sei avvicinato a questa professione?
Guarda, questa è sicuramente la domanda più bella di tutta l’intervista.
Perché?
Semplice: sono figlio d’arte. Di un tatuatore e di una piercer che forse i lettori della vecchia guardia ricorderanno: Doddo e Patrizia. A proposito, ciao mamma e ciao papà! (sorride) Papà Doddo è stato il primo ed unico maestro che ho avuto. Si può dire che sono letteralmente nato – come futuro tattoer – dentro lo studio dei miei genitori.
Fin da bambino mi hanno insegnato a fare gli stencil, saldare gli aghi ecc. Sai, a quei tempi non c’erano né cartucce né aghi pre-saldati, quindi li commissionavano a me mentre loro, nell’altra stanza, tatuavano o facevano piercing.
Tutto ciò mi ha reso un tatuatore della nuova generazione fortemente influenzato dalla Old School.
Però qualche eroe esterno alla tua famiglia lo avrai avuto anche tu, no?
Beh, durante il mio percorso ho preso spunto da un mucchio di artisti: Guy Aitchison, Nick Baxter, Don McDonald, Mike Devries, Paul Booth, Samohin, De Pase, Torres ecc. Anche per questo motivo in alcuni dei miei lavori sono presenti elementi caratteristici del Biomeccanico e del Bio-organico. Sai, mi piace cercare un dinamismo nell’immagine tramite fumi e decorazioni tridimensionali che seguono le linee dei muscoli e del corpo. Cosa, quest’ultima, che nel Bio-organico è essenziale per ottenere un buon lavoro.
Come hai capito che il Realistico Black-and-gray sarebbe divenuto uno dei tuoi principali tratti distintivi?
Per forza di eventi e anche un po’ per la richiesta dei vari clienti. Da quando mi sono trasferito in Svizzera mi sono maggiormente specializzato nel Realistico Black-and-gray, ma cerco sempre di non limitarmi a copiare una foto e basta. Forse dire che faccio solo questo tipo di tatuaggi non è corretto anche se ammetto di postare parecchi lavori come ritratti, cani ecc. Mettiamola così: sono ancora in cerca di una linea. Di una strada tutta mia per quanto riguarda lo stile dei miei tattoo. Un qualcosa che un giorno sostituisca il Realismo tout court.
Credo che tu ti sia l’autore di uno dei tatuaggi più intensi per quel che riguarda il romanismo e il tifo della Roma avendo unito in una sola manica il ritratto di Francesco Totti, il Colosseo, il logo storico della AS Roma, la lupa capitolina e addirittura il celebre lupetto fine anni ’70 creato da Piero Gratton. Che ne dici?
Guarda, il giro del web che ha fatto quel tattoo è stato veramente sorprendente! Non mi era mai successo all’epoca che un mio lavoro avesse così tanti commenti, condivisioni, complimenti, ma soprattutto critiche da parte di altri tifosi! (ride) Per me è stato un bel lavoro, divertente da fare grazie alla collaborazione di Daniele, un gran bel cliente che – già che ci sono – mi permetto qui di salutare!
Ma tu sei tifoso?
No, il mio cuore non è né giallorosso né di nessun altro colore. Non seguo il calcio, non l’ho mai fatto e credo proprio che, a questo punto, non lo farò mai… (sorride)
Ultima domanda: mi dici dove hai tatuato ultimamente? So che sei stato parecchio impegnato…
Sì, gli ultimi tre anni sono stati veramente intensi. E mi sono reso conto che lavorare come resident in un solo studio dopo un po’ mi avvizzisce. Mi annoio, mi sembra quasi di vivere sempre la stessa giornata e quindi finisco per gestire male il mio mestiere. Perciò ho deciso di dare basta con quella modalità.
In pratica che fai?
Mi sono preso un anno sabbatico dopo svariate stagioni di lavoro ininterrotto e quasi senza pause. Al momento mi limito a 4/5 guest all’anno tra Londra, Germania e qualcosina in Italia. E mi va benissimo così. In futuro si vedrà.