Lunga intervista con uno dei nomi più amati e apprezzati del tattoo made in Italy. «La mia forza? Sono curioso. E ho sempre una gran voglia di imparare…»
Matteo Pasqualin: un nome, una garanzia nell’universo della tattoo art. Nel 2022 festeggerai le “nozze d’argento” col tatuaggio visto che hai iniziato questo mestiere nel lontano 1997. Ti va di farci un bilancio relativo a questo esteso periodo temporale?
Avete ragione: il prossimo anno festeggerò il mio venticinquesimo anno di tattoo art e, dentro di me, ancora non mi sembra vero! (ride) Inutile dire che da allora è cambiato praticamente tutto: e per “tutto” intendo davvero un cambiamento dalla A alla Z.
D’altronde chi, come me, ha iniziato in quegli anni potrà tranquillamente confermarvelo. Sai, basterebbe pensare alla strumentazione primaria (aghi e sterilizzazione dei ferri) che all’epoca era tutta opera del tatuatore; al modo di preparare lo stencil; a come si reperivano le immagini, di solito frequentando librerie o fotocopiando le varie riviste. Poi bisognava diffondere il proprio operato. E lì entrava in scena il famoso passaparola.
Oggi invece…
Mi tocca ripetermi: 25 anni fa ho cominciato un mestiere che, arrivando fino al 2021, è diventato gradualmente un qualcosa d’altro. E questo fattore è uno dei motivi più importanti per il quale ogni singolo giorno, anche a distanza di così tanto tempo, per me è un po’ come se fosse sempre il primo. Ho tuttora una gran voglia d’imparare, di condividere e di dimostrare a me stesso che la sensazione di “non averci ancora capito nulla”, beh, è solo appunto una sensazione… (sorride)
Pensi che il tuo celebrato e ben riconoscibile stile Realistico si sia evoluto col passare del tempo? Oppure fin dal principio hai sempre posseduto questo innato talento di “fotografare” su pelle la realtà che ci circonda?
Nel corso degli anni ho sicuramente affinato la tecnica e l’impostazione, riducendo il numero di soggetti e aumentando l’attenzione per i contrasti. Tutte intuizioni dovute al fatto che, col passare del tempo, si ha sempre più modo di capire quanto la pelle sia uno dei peggiori supporti sul quale creare un’arte grafica. Perché di suo invecchia, si screpola, si ricopre di pelo, si abbronza ecc.
La soluzione dove sta?
Beh, questi parametri “cutanei” portano, con l’esperienza, a riconsiderare il modo di disegnare che ognuno di noi si porta appresso da ben prima di muovere i primi passi nella tattoo art. Per quanto riguarda me, fin da bambino mi è sempre piaciuto tantissimo ricreare a matita le fotografie che più mi emozionavano in quegli anni. Tutto ciò mi ha sicuramente agevolato nell’intraprendere questo mio percorso. Col tempo ho iniziato a specializzarmi sempre di più e ad occuparmi prettamente dello stile Realistico Bianco/Nero.
La cosa paradossale è che tu, pur essendo uno dei tatuatori più famosi e apprezzati d’Italia, ripudi questo status continuando a definirti non “artista”, bensì “artigiano tatuatore”. Nome quest’ultimo che hai pure dato al tuo studio di Brembate Sotto, vicino a Bergamo…
Sì, io al tirare delle somme possiedo questo carattere un po’ schivo e mi sento sempre imbarazzato ad essere messo sotto i riflettori…. (riflette) Anche perché, per natura, resto molto critico nei miei confronti e mi sembra di non fare qualcosa di così stupefacente agli occhi esterni del mondo. Al contrario rimango sempre parecchio ammaliato dal lavoro di molti altri miei colleghi, sentendomi spesso in gran difetto e curioso di conseguenza di apprendere la loro tecnica.
Hai avuto degli esempi in vita tua? Non intendo necessariamente tatuatori o persone che hai conosciuto davvero; parlo di modelli a distanza che ti hanno ispirato per ciò che hanno combinato nelle loro rispettive vite…
Sinceramente no. Ahimé, non vanto quella gran cultura artistica! Però posso dirti che ho avuto sicuramente dei modelli di riferimento quando ho cominciato a tatuare. Forse prima ero troppo giovane per averne e poi, sai, a quell’età sono tutti dei “role models” giusto per un paio di giorni! (ride) Comunque, uno tra i primi fu Robert Hernandez (IG: @roberthernandeztattoos). Poi, quando iniziai a dedicarmi soltanto allo stile Realistico, venne il momento di Dmitriy Samohin (IG: @dmitriysamohin) e di Den Yakovlev (IG: @den_yakovlev). Al giorno d’oggi miei continui modelli d’ispirazione restano quei carissimi amici che rispondono al nome di Thomas Carlii Jarlier (IG: @thomascarlijarlier) e John Maxx (IG: @johnmaxxtattoo).
Perché quell’appellativo “artigiano”?
Perché lo sento più mio. Sai, la mia idea di artista è quella di una persona creativa, sognatrice, un po’ “disorganizzata” e “incostante”. Questi ultimi due aggettivi mettili tra virgolette, ti prego! (ride) Io mi ritengo l’esatto opposto e in quell’opposto ci vedo appunto le caratteristiche proprie di un artigiano. Mi scuso se, indirettamente, ho offeso la sensibilità di qualche artista e ci tengo a precisare che – come tutto quello riportato in questa intervista – si tratta solo della mia opinione.
Pensi che ci sia troppa seriosità attorno alla tattoo art?
Ti dico solo che stiamo vivendo un periodo in cui la maggior parte degli individui che impugnano una macchinetta ad aghi si affrettano fin dai primissimi giorni a definirsi “tattoo artist”… No, non funziona affatto così. Credo che per essere un vero artista ci voglia molto di più in termini di tempo e talento.
E che ben pochi, anche al di fuori della scena del tatuaggio, possano definirsi onestamente tali.
Sei per caso un fan della musica di Michael Jackson? Te lo chiedo perché uno dei tuoi ritratti Realistici più pubblicizzati è finito sul braccio di Stash, il frontman dei The Kolors, e rappresenta per l’appunto il King of Pop impegnato durante uno show. Stash resta sicuramente un grande appassionato di Jacko, ma mi chiedevo se anche tu avessi dei gusti musicali ben definiti…
No, non sono quel gran fan di Michael Jackson. Naturalmente lo reputo un genio del panorama musicale al pari di diversi altri nomi che, al contrario del resto del mondo, non mi prendono granché l’anima. Ho dei gusti musicali ben delineati e in pratica mi disturbano i cantanti che fanno troppo leva sui vocalizzi e sugli acuti. Io amo la musica quieta, le ballad, e resto un gran fan dei Coldplay, ma anche di John Mayer, Damien Rice e Foy Vance. Ah, per chi avesse curiosità, può approfondire la cosa ascoltando la mia playlist personale ‘Blu Calf Selection’ direttamente sul mio profilo Spotify (aprite la app e digitate semplicemente ‘matteo pasqualin’, Ndr).
Come è stato trasferirti da un luogo come il ‘The Inkers Tattoo Shop’ di Rovigo all’attuale ‘Artigiano Tatuatore’ di Brembate Sotto? Solo un semplice trasloco oppure ha significato qualcosa di più per te?
Mettiamola così: è stato un nuovo inizio. Una decisione maturata negli ultimi anni quando, per una serie di vicissitudini, ho davvero sentito la necessità di spostarmi in una zona – a livello di logistica – più favorevole della periferia rodigina. Nonostante io rimanga profondamente legato alle mie zone d’origine, non certo le più idilliache per quanto riguarda il meteo, ma perfette per chi, esattamente come me, ama le tradizioni paesane e la quiete. Non è facile lavorare distante da casa (in pratica vedo casa mia soltanto nei weekend). E poi aver aperto lo shop sei mesi prima dell’esplosione della pandemia non si può dire mi abbia di certo agevolato; eppure – sai com’è – resto una persona paziente e perseverante.
Credo in questo progetto e ho intenzione di metterci dentro tutto me stesso.
Quali saranno le tue prossime mosse? Mi ha colpito che nel tuo studio bergamasco sei reperibile solo i giorni centrali della settimana (il martedì, mercoledì e giovedì), quindi immagino tu abbia tempo o di riposarti o di viaggiare on the road. Giusto?
In realtà vorrei tanto che fosse così… (sospira) Gli altri giorni servono per preparare i progetti legati a futuri tatuaggi, leggere e rispondere alle email dei clienti e programmare di conseguenza il mio lavoro. Ci sono gli spostamenti verso Rovigo che di solito mi prendono dalle tre alle cinque ore di viaggio. Senza contare che mi piace prendermi cura personalmente delle necessità dello shop.
Immagino che tu ora sia totalmente concentrato su di esso…
Sì. In fondo, se contiamo i lunghi periodi di restrizioni e chiusure, ‘Artigiano Tatuatore’ (IG: @artigiano_tatuatore) è a tutti gli effetti uno shop nuovo di zecca. Ha bisogno di creare il suo bacino-clienti e il suo equilibrio interno tra i vari colleghi che vi collaborano all’interno.
Queste cose devono essere seguite personalmente dal sottoscritto visto che voglio dare una precisa immagine di me stesso al mio ambiente di lavoro.
Hai praticamente ritratto chiunque (attori, musicisti, sportivi, personaggi di culto, eroi di fantasia, dipinti celebri, animali ecc.) e quindi la cosa che vorrei chiederti è la seguente: c’è un tatuaggio che nessuno ti ha ancora chiesto di eseguire, ma per il quale non vedresti l’ora di metterti finalmente alla prova?
Più che altro vorrei tanto che prendesse sempre di più piede in Italia la richiesta relativa allo stile di cui amo occuparmi da qualche anno. Vale a dire gli “animali umanizzati”, soprattutto quelli vestiti con abiti di epoche lontane.
Svelami qualcosa di più.
Si tratta di uno stile che unisce due elementi che mi emozionano molto: quello degli animali, ovviamente, più quello del vintage. Provo una gran soddisfazione nel realizzare questo tipo di progetti dato che sono divertenti, ironici e inusuali. Vestire un animale domestico con degli abiti che possano descriverne il carattere è un qualcosa di più completo e meno serioso di un singolo ritratto (tecnica che, in ogni caso, non abbandonerò mai). Finora ho tatuato cani e gatti abbigliati da nerd, teppisti, gentlemen, rapper, gangster ecc. E non ho intenzione di fermarmi!
E le tue ultime parole famose sono…?
Eh, questa sì che è una domanda tosta! (ridacchia) Anche perché non è che ne possieda così tante di “parole famose”…
Dai.
Guarda, potrei elencarti i soliti consigli retorici che i tatuatori di vecchia data tendono ad elargire a quelli di nuova generazione. Eppure non mi sento di certo nella posizione di dare “insegnamenti di vita” a qualcuno visto che della vita non ci ho ancora capito nulla nemmeno io! (ride) Forse potrei ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato e contribuito a farmi arrivare fin qui; ma credo che – chi più, chi meno – abbiano comunque avuto tutti una sorta di tornaconto nel farlo…
E allora come la chiudiamo quest’intervista?
Facciamo così: vorrei solamente ringraziare e scusarmi con tutte quelle persone (ed esseri viventi) alle quali, in questi ultimi 25 anni, ho sottratto tempo ed attenzioni per dedicarmi con fare maniacale a questa mia professione/passione. Spero di poter vivere, magari in maniera più rilassata, altri 25 anni di questa favola. Una favola che, come ti ho già detto, mi emoziona ogni giorno come se fosse il primo.
Segui i tattoo di ‘Artigiano Tatuatore’ su Instagram: @artigiano_tatuatore