Il co-proprietario dello studio “Fronte del Porto” di Roma ci racconta come è diventato tatuatore professionista e quanti “trad palm size” abbia creato finora.
Giuseppe, essendo tu molto eclettico come tatuatore Traditional, ci aiuti a inquadrare meglio la natura dei tuoi soggetti?
Beh, se proprio dovessi scegliere, tra i miei soggetti preferiti metterei in primis le figure femminili, i felini e il cuore, vale a dire un simbolo che ho sempre amato e che spesso e volentieri inserisco nei miei pezzi, quando ne ho la possibilità.
Recentemente ho notato anche una tua piccola vena circense. O sbaglio?
Sì, mi affascina la soggettistica circense perché, di suo, è legata storicamente a questo mondo: abbiamo esempi storici e fotografici di persone estremamente tatuate che giravano come attrazioni principali nei circhi di fine Ottocento/primi Novecento. Ultimamente mi è capitato di tatuare clown, trapezisti e contorsioniste e devo ammettere che sono soggetti divertentissimi da eseguire!
Da dove nasce questo tuo amore fedele, totale e assoluto per il tatuaggio Traditional disegnato e rispettato in ogni sua piccola forma?
Bellissima domanda, la tua, che mi permette di spiegare a fondo la mia personale attitudine al tatuaggio. La verità è che sono conscio, a livello di disegno, di non poter evitare d’aggiungere a ogni pezzo un mio tocco personale. Cosa che, a volte, mi fa uscire dall’iconografia del Traditional vero e proprio e dal suo aspetto retrò, visto che fin da piccolo ho sempre disegnato spaziando allegramente con la fantasia…
Dall’altro lato miro da sempre a un’esecuzione pulita e solida, rispettando il più possibile i canoni del tattoo Tradizionale, affinché a distanza di anni le mie opere restino brillanti e leggibili come appena fatte. Ogni giorno cerco di migliorare e imparare questo stile che amo profondamente, guardando il lavoro in progress dei migliori tatuatori mondiali e confrontandomi con i miei colleghi qui a “Fronte del Porto”.
Hai avuto dei maestri durante il tuo percorso artistico?
Sicuramente devo tantissimo ad Andrea Furci (IG: @andreafurci), amico di lunga data che mi ha fatto scoprire dall’interno questo mondo. Mi sono perso ore e ore nelle foto, cercando di replicare quei soggetti di cui neanche conoscevo la storia, ma che ai miei occhi erano sempre e comunque bellissimi! (sorride)
Anche la musica direi che ha avuto la sua bella parte. In quegli anni, in cui non era ancora così mainstream, si arrivava al tatuaggio attraverso le sottoculture a cui si apparteneva: il punk, il metal ecc. E ti sto parlando di tutti quei musicisti di cui vedevi i tatuaggi che ti affascinavano e che avresti voluto sfoggiare tu stesso. In fondo è da cose semplici che nasce una passione.
Mi fai una breve biografia della tua vita da tatuatore? Cos’è che ti ha condotto al professionismo?
Nel 2013, consigliato da Andrea e Alessandro Florio, ho comprato le mie prime macchinette da Luca Mamone e mi sono iscritto a un corso. L’anno dopo ho cominciato il mio apprendistato a “Fronte del Porto” con Fabio Onorini (IG: @fabioonorini), dove, seguito da lui e da tanti grandi professionisti, ho fatto la cosiddetta gavetta. Quelle persone mi hanno insegnato tutto ciò che so: chiunque sia stato in studio, per un breve o un lungo periodo, mi ha lasciato qualcosa. E ora che ne sono orgogliosamente co-proprietario, sono convinto di avere ancora molte cose da imparare perché questo è un processo che non finisce mai.
Sinceramente ti da più soddisfazione lavorare a una schiena completa o a un piccolo soggetto (tipo una figura egizia, una coppia romantica, un cupido o un calciatore vintage per citare alcune tue opere) dove magari puoi concentrarti di più sull’unicità e la fantasia di quel pezzo in particolare?
Anche questa è un’ottima domanda alla quale però non è facile rispondere. Premetto che amo tatuare e questo fa sì che in ogni mio pezzo, grande o piccolo che sia, io metta il massimo di me stesso.
Vederlo realizzato dopo averlo immaginato e disegnato per ore o giorni, renderlo un tatuaggio che qualcuno indosserà e porterà con sé, beh, mi dà una soddisfazione immensa!
Allo stesso modo come ti ho già detto sono sempre alla ricerca del miglioramento e voglio sempre spingere l’asticella un po’ più in alto.
In questo particolare momento lavorare sui pezzi grandi, studiare il modo in cui vestono il corpo, o i tempi d’esecuzione più lunghi, è una cosa a cui mi sto dedicando con estrema gioia. Senza però rinunciare al piacere dei “palm size” tipici del Tradizionale!
C’è qualcosa in vita tua che non ti hanno ancora chiesto di tatuare e tu, di conseguenza, ti domandi sempre il perché?
Per essere sincero non mi viene in mente nulla, e per questo devo ringraziare l’infinita fantasia dei miei clienti! (ride) Negli anni, pur non essendo icone tradizionali, ho tatuato in questo stile una miriade di soggetti: da un paguro alla macchina per fare la pasta, dall’aurora boreale alle fette di pizza.
E poi le chiavi vaticane, il sushi, un Ufo che rapisce un maiale, un supplì, un grembiule da cucina, dei mandarini e chi più ne ha più ne metta! Ogni volta è una sfida diversa per rendere bello e “tatuabile” questo o quel particolare soggetto, ma se affrontata col massimo impegno e con onestà, (senza scivolare nel brutto o nel mediocre), la mia resta pur sempre una prova stimolante!
Ultima domanda. Ho il sospetto che “Fronte del Porto”, il nome dello studio di Roma di cui sei co-proprietario, sia un omaggio al capolavoro cinematografico di Elia Kazan del 1954. Tu lo hai mai visto? Ti piace quel film con protagonista Marlon Brando o hai altri gusti a livello di cinema?
L’ho visto e penso sia un capolavoro anche se i miei gusti cinematografici sono abbastanza diversi. Sai, io resto legato alla filmografia anni Novanta/primi Duemila, quella della mia adolescenza. Tra le mie pellicole preferite e fondamentali ci sono “Trainspotting”, “Il Corvo”, “Pulp Fiction” e “Fight Club”. Tutte quelle opere che hanno segnato la mia epoca, che rivedo e amo anche a distanza di anni e di cui potrei recitarne interi pezzi a memoria!