In occasione della partecipazione al Festival di Sanremo 2022 del rapper Highsnob (vero nome Michele Matera, nato ad Avellino ma cresciuto in Liguria, a La Spezia) e della sua partner artistica Hu (pseudonimo egizio di Federica Ferracuti, lei invece nata e cresciuta nelle Marche, a Fermo) dove interpretano con grande feeling la ballad elettronica ‘Abbi cura di te’, siamo andati a recuperare una intervista di repertorio che lo stesso Highsnob – allora appena uscito con il suo primo album ‘Bipopular’ – ci rilasciò nella primavera del 2018.
Una chiacchierata molto interessante e totalmente incentrata sulla sua passione verso la tattoo art. La trovate dopo il video sanremese della romantica ‘Abbi cura di te’.
«Io faccio rap, non trap giovanilista, anche se mi piacciono le punchline e sono contento che Sfera Ebbasta abbia portato un po’ di movimento all’interno di una scena hip hop che, ormai dal 2014, si era un po’ arenata su sé stessa. Ma – ripeto – uno come me viene da esempi come Neffa e i Sangue Misto e, a 32 anni (ora ne ha 36. Ndr), penso di trattare altro nelle mie rime.»
Si presenta così l’ex writer Mike Highsnob (al secolo Michele Matera) per parlarci intensamente del suo rapporto – complesso, sincero e duraturo – nei confronti dell’inchiostro. Ascoltiamolo e godiamoci le sue opinioni forti.
Tatuaggi sul corpo e sul viso ma anche in musica per uno come Highsnob, vero?
Sì, tempo fa scrissi una barra che faceva «Quei tatuaggi non fanno per te/ Io quelli che ho addosso li merito» (il brano in questione era ‘Spunte blu’. Ndr).
Il mio obbiettivo era chiaro fin da allora e credo che ci sia poco altro da aggiungere sull’argomento.
E invece aggiungiamolo pure.
Beh, la prima volta che mi sono tatuato in faccia, mi sono guardato allo specchio e mi sono sentito come una specie di mosca bianca. Eppure, passato lo sbigottimento, ne ho avvertito l’enorme bisogno: era ed è un modo per affermare a me stesso che non avrei mai fatto un lavoro normale nella mia vita. Non ti sto dicendo che ho sdoganato la cosa in Italia, ma quasi. Ed ora che anche i ragazzini della trap hanno cominciato a farseli in gran quantità, è perfino scontato che mi girino le palle…
Stessi ragazzini che però – guardandoti sulle copertine dei tuoi album – potrebbero aver voglia di tatuarsi a loro volta e ispirati dal tuo esempio. Non pensi che sia un gatto che si morda la coda?
Mah, non mi è mai piaciuto dare consigli ai miei giovani fan. Figuriamoci poi su una cosa così personale come i tatuaggi… (riflette) E poi, se un ragazzino di 14 anni sogna un tatuaggio alla sua età, è più probabile che l’ispirazione gli venga dal mondo esterno (che è pieno di tattoo praticamente ovunque) piuttosto che da uno come Highsnob! (ridacchia)
Come vedi in questi anni la diffusione massiccia della tattoo art?
Come un qualcosa di prettamente estetico. Non ti sto dicendo che non esista più la simbologia di una volta dietro ai vari tatuaggi però, dai, parliamoci chiaro: se io mi tatuo un fallo maschile o un cosciotto di pollo (ce li ha sul serio, sul braccio destro, e me li mostra. Ndr) è sottinteso che voglia attirare lo sguardo di qualcuno, no? Da questo punto di vista non siamo più negli anni ’80.
Oggi il tatuaggio è decisamente più mainstream, ma anche gli stessi tatuatori sono migliorati tantissimo a livello di studio, bravura e consapevolezza.
Parli come se fossi un veterano di quest’arte.
Ho superato la trentina e il mio primo tattoo me lo sono fatto a dieci, quindi un mucchio di tempo fa. Lo realizzai da completo autodidatta, con la china e tutto il necessario. Mi ispirò il padre di un mio caro amico. Questo signore, tra l’altro, era un membro degli Hells Angels e si faceva i tatuaggi da sé con una macchinetta rudimentale assemblata in garage. Che tempi!
Cosa ti ricordi di quegli anni pionieristici?
Mi vengono in mente i primissimi Traditional che la gente, quando te li vedeva, ti scambiava per un galeotto appena uscito di prigione! (ride) E poi l’avvento del Tribale e la relativa moda anni ‘90 che ne è susseguita.
Poi osasti in prima persona, vero?
Sì. con la china mi feci una piccola croce sulla caviglia e, la volta che mio padre la intercettò (sfortunatamente mi ero fatto male al piede…), mi voleva praticamente ammazzare di botte.
Come andò a finire?
Diciamo che giungemmo ad un compromesso: lui mi avrebbe fornito i soldi per andare da un tatuatore professionista ed io, quella croce, me la sarei fatta coprire a dovere. Mi presentai da questo tizio fanatico di Guy Aitchison che mi fece una sorta di Biomeccanico senza però adoperare il colore. Già, in quel caso direi che non fu molto Aitchison-style! (ride)
La scelta dei tuoi soggetti mi sembra decisamente incasinata, vero?
Non potrebbe essere altrimenti visto che io stesso sono stato incasinato di testa per molti anni. Il Cappellaio Matto che ho sul braccio destro è un po’ una metafora di cosa è stata la mia esistenza dai venti ai trenta. Il braccio destro, invece, è uno strano miscuglio di Giapponese e Biomeccanico.
Una roba abbastanza cruda, se vuoi, quasi un tributo al mio venire dalla strada.
Sul tuo stomaco però…
Eh, lì mi sono fatto tatuare una Ferrari di colore bianco perché il mio sogno, se non avessi fatto il rapper, sarebbe stato quello di lavorare come designer automobilistico. Adoro il mondo dei motori.
Mi è piaciuto quel ritratto Traditional che hai sul braccio destro. È dedicato forse ad un signore di un’altra epoca?
Quel tattoo rappresenta mio nonno, ovvero il padre di mio padre. Nella vita faceva il palombaro e, grazie al suo mestiere, ha contribuito a bonificare dalle mine militari gran parte dei mari italiani. Si immergeva a profondità assurde e faceva brillare gli ordigni bellici rimasti inesplosi dalla Seconda Guerra Mondiale. Per questo suo atto di estremo coraggio divenne amico di Aldo Moro, lo statista ucciso dalle Brigate Rosse, col quale intrattenne un fitto rapporto epistolare. Persona dura e taciturna, mio nonno. Un tatuaggio era il minimo che potessi dedicargli.
Chi te l’ha fatto?
Bue, un writer bravissimo di Firenze, che ha anche lavorato al ‘Lacrimanera Tattoo Saloon’ del capoluogo toscano. Poi, già che ci sono, vorrei citare altri due artisti a cui sono affezionato: GoldenTrash (ovvero Antonio del gruppo Power Francers) dello studio ‘Satatttvision’ di Milano e Davide “Nacho” Barreca. Quest’ultimo è di Roma (lavora da ‘Eternal City Tattoo – La Bottega degli Artisti’. Ndr), ma tempo fa mi ha raggiunto in trasferta a La Spezia per battermi tre tatuaggi nel giro di una sola notte, compreso quello della Ferrari.
Un lavoro mica da poco.
Non ti dico il male che ho provato quella volta! (ride)