L’amore per il Traditional, l’esperienza al ‘Fronte del Porto’, uno zio coraggioso e l’incontro con LeBron James: la nostra intervista ad un giovane talento.
Gianmarco, mi sembri davvero abile nel trattare il tatuaggio Traditional d’impronta americana. Solo talento oppure ci hai messo anche del tuo studiando a fondo la materia?
Beh, il Tradizionale Americano è un genere di tatuaggio che si sviluppa da più di un secolo e, a parer mio, per approcciarsi ad uno stile così storico e importante bisogna comunque informarsi e sfogliare molti libri. Credo perciò che il talento, la voglia di farsi una cultura e di imparare nuove cose vadano di pari passo.
Tu sei un millenial, un figlio di questa epoca, quindi la domanda è inevitabile: perché rivolgersi ad uno stile così vintage che ha radici nella prima metà del ‘900?
Inizialmente ero molto attratto dal Realistico in quanto, durante gli anni del Liceo Artistico, mi è capitato di avvicinarmi a più riprese al mondo della pittura.
Mi sono appassionato al Traditional solo quando ho iniziato realmente a capirlo.
Ricordo in tal senso che la prima cosa in grado di attrarmi è stata la sfida nel cercare la propria riconoscibilità nonostante così tanti limiti stilistici.
Chi sono i tuoi maestri assoluti del Traditional? Parlo sia di artisti che hai conosciuto che di persone la cui arte hai potuto ammirare solo sui libri…
Le prime informazioni basilari le ho acquisite durante il mio apprendistato al ‘Fronte del Porto Tattoo Parlour’ (IG: @frontedelportotattoo) di Roma. Fabio Onorini (IG: @fabioonorini) e Giuseppe Messina (IG: @giuseppe.messina) sono state le due persone che mi hanno guidato all’inizio, soprattutto per quanto riguarda il disegno e la tecnica del tatuaggio. E tanto devo anche a Francesco Ferrara (IG: @francesco__ferrara_) che mi ha aperto un mondo introducendomi libri e tatuatori del passato incredibili: Cap Coleman e Bert Grimm su tutti.
Perché il ‘Fronte del Porto’ di Roma? Cosa ti ha portato da loro e perché hai deciso di fare il tuo apprendistato proprio lì?
Durante l’ultimo anno di liceo mio cugino si è trasferito a Perugia, la mia città natale, da Roma. È stato lui a farmi conoscere e apprezzare per la prima volta il tattoo Tradizionale; mi ha fatto pure prendere un appuntamento con Fabio (Onorini, NDR) e così sono diventato cliente del suo studio.
A quel punto ho capito che quello era il mio ambiente lavorativo ideale e che una mia semplice passione poteva diventare effettivamente un lavoro.
Finito l’anno scolastico mi sono trasferito a Roma e ho subito iniziato il percorso d’apprendistato. Attualmente non lavoro più a ‘Fronte del Porto’ (Gianmarco al momento tatua al ‘Eternal City Tattoo’ di Roma. IG: @eternalcity_tattoo. Ndr), ma a questa gente sarò sempre grato.
Vivi il tatuaggio esclusivamente sul momento, anno per anno, oppure ti immagini fin da ora che farai questo mestiere per sempre?
Sinceramente mi auguro di poterlo fare per sempre! (sorride) Vivo la quotidianità circondato da gente che fa il mio stesso mestiere e, anche quando non lavoro, penso e parlo di tatuaggi. E comunque vedo tutto ciò come un lavoro solo per quel che riguarda la professionalità nei confronti del cliente mentre in realtà, per me, si tratta solo di puro divertimento. Una situazione che mi soddisfa e mi rende felice.
Ascolti musica quando tatui oppure prediligi la concentrazione che solo il silenzio può darti?
Beh, un altro motivo per il quale amo questa professione è proprio quello che hai appena citato. Sono appassionato di musica e posso ascoltarla per ore nell’arco di una intera giornata. Un’arma, ovviamente, a doppio taglio dal momento che ho avuto colleghi con gusti lontanissimi dai miei!
Una curiosità: hai mai tatuato qualche tuo parente con dei soggetti Traditional?
Ho avuto la fortuna di tatuare diversi membri della mia famiglia. Sia i miei genitori che mio fratello si sono prestati, appena finito l’apprendistato. Il più coraggioso di tutti, però, è stato mio zio! Sai, avevo appena 16 anni e zero idee di come funzionasse una macchinetta, eppure si è sottoposto ad un tatuaggio su di una natica con tanto di kit cinese.
Ho notato sulla tua pagina Instagram una foto di te ragazzino in compagnia di LeBron James, il campione di basket dei Los Angeles Lakers. Cosa ricordi di quell’incontro?
La cosa che mi ha più colpito è che, mentre camminava in mezzo alla gente, simulava movimenti e azioni senza palla: sembrava proprio matto! (ridacchia)
Probabilmente è stata proprio quella sua ossessione che gli ha permesso di raggiungere certi livelli.
Facendo un audace parallelismo chi è il “King” del tatuaggio mondiale a livello di artisti italiani o internazionali?
Beh, oltre a LeBron ci sono molti altri campioni nel NBA. E così anche il mondo del tatuaggio è pieno zeppo di gente fortissima e ricca di un’esperienza incredibile… (riflette)
Lanciati, dai.
Ok. Nominarne uno solo è quasi un’offesa verso tutti gli altri, però il primo che mi viene in mente è El Bara (IG: @bara_madrid), il tatuatore madrileno.