Gaia è una combattente nata, ma in questa intervista svela una grazia e una dolcezza rare. Definisce il suo stile “un tradizionale gentile, ma allo stesso tempo solido e classico”, ed è proprio così: date un’occhiata ai suoi lavori e alle tavole che ha raccolto nel suo nuovo eBook “99 Ladies”.
Non perdetevi questa intervista, per conoscere una tatuatrice, e una persona, davvero speciale…
Ciao Gaia, innanzitutto come stai? Come vanno le cose in questo periodo?
Ciao! Questo periodo è sicuramente più unico che raro, nel bene e nel male, e non risparmia tempo ai pensieri, ma anche ai buoni propositi.
Da una parte ci sono le preoccupazioni per il presente e per il futuro, uniti alla nostalgia per gli affetti più cari, ma dall’altra c’è la creatività, la voglia e il tempo di dipingere – che spesso ai noi tatuatori manca nella frenesia di tutti giorni – e il piacere di stare a casa propria a godersi la famiglia.
Ho la fortuna di vivere in campagna tra prati e boschi, il che sicuramente aiuta a non patire la clausura.
Per questo motivo la voglia estrema di ripartire e tornare alla normalità si alterna alla paura di rientrare a far parte del mondo lì fuori.
Parliamo un po’ della tua storia e della tua carriera: quando è sbocciato il tuo amore per il tatuaggio?
È un amore nato ai tempi del liceo, quando a 18 anni ho ottenuto il permesso di farmi il primo tatuaggio. Allora sono rimasta totalmente intrigata da quest’arte. Ero terrorizzata, ma allo stesso tempo esaltata e i miei occhi non smettevano di seguire ogni dettaglio di quel che faceva il tatuatore. Credo sia stato quello il momento in cui ho pensato che avrei voluto provare anche io!
Qual è stata la tua formazione?
Ho sempre frequentato scuole d’arte e, una volta finito il liceo artistico, mi sono iscritta all’accademia delle Belle Arti di Torino, dove mi sono laureata in scenografia.
E quando hai capito che tatuare sarebbe diventato il tuo mestiere?
È stato proprio durante gli anni dell’università quando, mentre studiavo, ho iniziato a lavorare come assistente scenografa: era un lavoro bellissimo che mi permetteva anche di guadagnare i primi soldini per mantenermi. Ma la passione per il tatuaggio era ancora lì e, insieme al lavoro e all’università, nel 2008 ho cominciato a frequentare uno studio di tatuaggi come apprendista.
Inizialmente preparavo stencil e disegni, pulivo i puntali e aiutavo nelle pulizie, poi pian piano ho iniziato a crearmi la mia piccola cerchia di clienti finché è diventato il mio mestiere a tutti gli effetti. Ho terminato, con qualche anno di ritardo, il triennio di università per potermi dedicare interamente ed esclusivamente ai tatuaggi.
Hai avuto un mentore?
Il mio mentore è stato Renato Doctor Tattoo di Moncalieri, a lui va la mia completa gratitudine per avermi accolta nel suo studio come apprendista. È un grande tatuatore con un’immensa preparazione tecnica e artistica, e mi ha affiancata e istruita professionalmente con grande impegno e passione, ma soprattutto con totale fiducia, dandomi in mano le chiavi del suo negozio e facendomi talvolta addirittura provare le sue macchinette.
Solo ora, a distanza di anni, capisco quanto sia complesso e impegnativo formare un apprendista, compreso l’investimento di tempo e impegno mentale che ci sta dietro, ma soprattutto quanto sia difficile concedere la fiducia che a me in quel periodo fu data da Renato.
Come sono cambiate le cose da allora? Qualcuno che ti ha ispirato e guidato, in questi anni?
Oggi sono titolare dello studio Hardtimes a Torino, e sono tantissimi gli amici e i colleghi che ho incontrato nel mio percorso lavorativo: tutti hanno avuto un’influenza su di me. Cito tra tutti Sergio Messina e Miss Arianna che, oltre ad essere cari amici, sono per me importanti grandi punti di riferimento per la gestione dello studio. E poi la mia amica nonché compagna di viaggi Gaia Zeta, con cui mi confronto artisticamente e lavorativamente: per me è di fondamentale importanza. Ultimo, ma non per importanza, il mio compagno Marco, in arte Sacronero, che mi supporta e consiglia quotidianamente.
Hai dovuto affrontare difficoltà, in quanto donna, in un ambiente lavorativo che fino a qualche tempo fa era molto maschile?
Personalmente non ho mai avuto problemi nel mio percorso lavorativo, ma probabilmente questo è dovuto al fatto che ho un carattere e una presenza molto forte che, come di rimbalzo, allontana certe situazioni da me. Sarebbe però utopistico dire che questa tipologia di problemi non esiste più nel nostro ambiente – come in molti altri – dove fino a pochi anni fa la presenza maschile superava di gran lunga quella femminile. Tristemente sto ancora assistendo a situazioni spiacevoli. Sono nata combattente e non mi stancherò mai di affiancare le donne che vivono sulla propria pelle questo tipo di difficoltà, di fronte alle quali non volterò mai lo sguardo.
Complimenti per queste parole, Gaia! Parlaci invece del “tuo” Tradizionale: come lo definiresti? Dove trovi ispirazioni e come fai ricerca?
Lo definirei un tradizionale “gentile”, ma allo stesso tempo solido e classico. Le mie ispirazioni sono tutte di stampo vintage: vecchie fotografie, illustrazioni e dipinti dei primi del Novecento ma soprattutto i grandi classici del tradizionale occidentale che, dall’inizio del mio percorso, mi hanno letteralmente ammaliata e che sono senz’altro la mia massima fonte di ispirazione.
Amo riprodurre e reinterpretare i vecchi flash, li considero delle opere senza tempo che più invecchiano sulla pelle e più acquisiscono bellezza. L’aspetto che mi affascina maggiormente di questi soggetti è che da ben oltre un secolo passano di mano in mano tra i vari tatuatori come un’eredità, sono dei “guardiani del tempo” che seppur siano stati tatuati e ridisegnati milioni di volte non sono mai uguali, perché ogni artista ha aggiunto, tolto o cambiato qualcosa rendendoli propri. Tra gli artisti del passato i miei preferiti sono: Amund Dietzel, Ben Corday, Sutherland Macdonald, Cap Coleman e Percy Waters.
Tra i tuoi soggetti preferiti, invece, ci sono sicuramente i volti di donna: è da questa passione che nasce l’idea del tuo eBook “99 Ladies”? Vuoi parlarcene?
Sì, indubbiamente le figure femminili sono da sempre le mie preferite: a loro dedico una continua ricerca per evolvere dal punto di vista stilistico e grafico.
Mi piace creare queste donne pensando a loro come a delle persone reali:
ognuna ha un nome, una storia e una propria personalità. Sono in qualche modo vive nella mia mente. “99 Ladies” (VIEW NOW) nasce proprio da questa mia grande passione, per questo ho deciso di unire nel mio eBook 99 flash di donne che ho disegnato e talvolta tatuato nel corso degli ultimi anni: piratesse, gitane, marinaie, vampire, domatrici di serpenti, motocicliste e molte altre figure femminili, tutte insieme in questa raccolta che credo e spero possa rappresentare una fonte di ispirazione utile a chi, come me, predilige questo soggetto.
Passiamo al tuo studio: l’Hardtimes Tattoo. Quando l’hai aperto?
Ho aperto Hardtimes Tattoo a gennaio 2011 insieme al mio amico Fabrizio Farese, e considero questo studio come la “mia creatura”: è molto più di un semplice luogo di lavoro, ma a tutti gli effetti la mia seconda casa, dove ho raccolto nel corso degli anni esperienze, difficoltà, gioie e cambiamenti. Nel 2017 ho aperto la seconda sede dello studio, a pochi isolati dal vecchio e sempre a due passi dalla Mole Antonelliana, nel quartiere Vanchiglia in centro a Torino.
Questa scelta è stata dettata dalla necessità di avere ulteriore spazio per poter accogliere più collaboratori e guest, in modo da creare un luogo di incontro tra diversi stili e realtà. Considero infatti il confronto artistico un aspetto fondamentale per il mio percorso lavorativo, difficilmente riuscirei a lavorare in uno studio da sola, credo mi annoierei profondamente.
È complicato gestire due studi?
Non è facile, sia dal punto di vista organizzativo che economico, e per questo motivo a malincuore da settembre 2020 il vecchio Hardtimes chiuderà i battenti, per concentrarci tutti nella nuova sede: un bellissimo locale di 250 mq.
Chi lavora con te e che atmosfera si respira al suo interno?
Al momento siamo 9 tatuatori, tra cui: Fabrizio Farese, Pamela Vecera, Marco Sacronero, November Oakbranch, Il Dime, Alessandro Damilano, Simona Cordero e Lucky Luchino, più la piercer Layla e la nostra shop manager Elisabetta. Siamo tutti profondamente uniti da un grande rapporto di amicizia e stima reciproca – e credo che questo sia il motivo per cui si respira un po’ l’atmosfera di una grande famiglia.
Com’è invece la scena a Torino? E la tua clientela?
La scena a Torino è certamente cambiata molto negli ultimi anni. I tatuatori sono sempre di più e la qualità si è alzata notevolmente. Per ogni stile adesso ci sono tatuatori davvero di altissimo livello. La mia clientela è molto varia, per sesso, per età e per nazionalità: da una parte ho il mio seguito di torinesi, dall’altra un ampio bacino di italiani e stranieri che sono disposti anche a viaggiare per avere un mio tatuaggio. Credo che questa sia la maggior soddisfazione per un tatuatore: sapere che qualcuno ha preso un treno o un aereo per venire a tatuarsi da te!
Raccontaci una giornata tipo in questo periodo di lockdown: leggi, dipingi, guardi film o serie tv, ascolti musica? Com’è impostata la tua routine?
In questo periodo sto dipingendo moltissimo, e questo è uno dei pochi lati positivi di questo lockdown. Chi si ferma è perduto, e credo che tenere l’attività artistica allenata sia fondamentale. La musica è certamente la giusta compagna per questa attività. Mi godo anche il verde della campagna: ho un bellissimo giardino e dei prati fantastici dove passeggiare con la mia cagnolona Rosa. Per il resto del tempo, sfrutto al massimo i miei abbonamenti Netflix e Prime, per guardarmi film horror e thriller, ma soprattutto documentari processuali e/o true crime che sono la mia grande passione. Nella prossima vita vorrei nascere Jessica Fletcher!
Stai facendo progetti per il futuro? Come pensi che saranno le cose una volta che avremo superato questa emergenza?
Come già accennato il primo progetto è la chiusura del vecchio studio, e questo comporterà sicuramente un grande impegno per i prossimi mesi. Sto anche lavorando a un libro di dipinti, che spero di riuscire a completare durante questo periodo di inattività lavorativa. Credo che il mondo cambierà profondamente, ci aspetta un grande salto nel vuoto perché i cambiamenti non saranno solo a livello locale, ma globale.
Cosa succederà non lo so e ho difficoltà a immaginarlo, ma sicuramente l’essere umano nel corso dei secoli ha dimostrato uno spirito di adattamento e sopravvivenza incredibile, e credo che anche questa volta, come dopo ogni guerra, troveremo il modo per ricostruire ciò che è stato distrutto. Sicuramente anche il mondo del tatuaggio subirà delle conseguenze e credo che sarà una prova di forza e coraggio per tutti noi… Probabilmente a rialzarsi sarà solo chi è mosso da passione e professionalità autentiche.
C’è qualcosa che vorresti aggiungere e che non ti ho chiesto prima di salutarci?
Aggiungo che se, dopo questa pandemia, la mia carriera di tatuatrice dovesse andare a rotoli, vi farò sapere se riuscirò a diventare una detective privata… nel caso ve ne servisse una! (ride)