Titoli a parte e trent’anni di carriera dopo, l’artista spezzino si sente ancora uno studente. Felice di perpetrare la Tradizione Giapponese appresa dal maestro Horiyoshi III e messa in pratica anche con la raffinata tecnica “Tebori”.
Enrico, da quel tuo primo tatuaggio, realizzato nel 1995, sembrano passati molto più di trent’anni, ma quasi una vita intera. Cosa ne pensi?
Si, sembra davvero una vita, ma in realtà a me è sembrato solo un battito di ciglia e dentro non mi sento poi tanto diverso da allora. Tranne quando mi guardo allo specchio e noto gli inesorabili segni del tempo… Spero insomma che la vita voglia concedermi tante altre esperienze.

Aver “studiato” nel 2001 – in quel di Yokohama e a stretto contatto con Horiyoshi III – rappresenta finora il più grande privilegio che hai avuto finora?
Non vorrei che la parola “studio” fosse forviante per i lettori dato che non esistono corsi di formazione o università per diventare “Horishi” (vale a dire un tatuatore che pratica lo stile Tradizionale Giapponese). Comunque sì, nel 2001 sono stato per la prima volta in Giappone e nello studio del maestro Horiyoshi III (IG: @ horiyoshi_3) e, durante gli anni successivi, ho continuato a intraprendere viaggi verso Yokohama per farmi tatuare e migliorare le mie conoscenze su tale stile.

Porterò sempre nel cuore i ricordi legati a quel periodo come i più belli della mia vita!
È stato un privilegio aver vissuto in un epoca in cui il maestro Horiyoshi 3 praticava la sua arte realizzando capolavori immortali.

Da quando sei diventato “Horien” (nel 2009 e sempre grazie al già citato Horiyoshi III) pensi di avere ancora più responsabilità da assolvere nel tuo ruolo di tatuatore?
Aver ricevuto il nome “Horien” non è stato un punto di arrivo, ma un punto di partenza e tuttora mi sento uno studente. Ho scelto un determinato tipo di percorso perché sentivo già il peso della responsabilità. Lo stile Giapponese, d’altronde, è molto complesso, formato da molte regole e ha bisogno di studio, esperienza e dedizione per essere eseguito degnamente.

Sarò sempre grato al maestro Horiyoshi III (IG: @horiyoshi_3) per avermi concesso questo onore, ma devo precisare di non fare parte della sua famiglia e di non essere considerato un suo allievo. Difatti l’unico che può essere ritenuto tale è suo figlio e successore, attualmente Horiyoshi IV (IG: @horiyoshi4).

Come ha reagito l’Italia, fin dai primissimi tempi, alla tua sofisticata tecnica a mano detta “Tebori”? Ti hanno dato ancora più credito per le tue conoscenze acquisite?
Sicuramente col passare degli anni la clientela si è fatta più informata e predisposta a voler provare questa esperienza che, comunque, rimane abbastanza di nicchia. Nel mio caso è sicuramente un valore aggiunto per il mio lavoro visto che il mio stile prevede per lo più l’utilizzo della macchinetta (a bobine), dando la possibilità al cliente di scegliere se voler fare una o più sedute utilizzando questo metodo antico.
Tatuare in questa maniera è il mio modo per onorare e rendere omaggio alla tradizione giapponese.

Cosa provi a tatuare nel tuo studio in quel di La Spezia? Ok, non parleremo di certo del Giappone, ma il mare c’è, il porto pure; quindi sembra una città fatta apposta per far germogliare la tattoo art…
Storicamente le città portuali e la marineria sono strettamente legate alla cultura e alla divulgazione dell’arte del tatuaggio. In particolare Yokohama è stato il primo porto giapponese ad accogliere navi straniere dopo la chiusura del periodo Edo. Ho aperto il mio studio nel 1999 e, fin dagli inizi, ho avuto un riscontro positivo dagli avventori. Tant’è che oggi, dopo tanti anni, è diventato un punto di riferimento nonché lo studio più longevo della città.

Che progetti hai per l’estate (e magari anche per l’autunno) 2025?
Per il momento ho in programma la partecipazione alla prima edizione della ‘Como Tattoo Convention’ (IG: @como_tattoo_convention) che si terrà ai primi di ottobre.

Vorrei chiudere questa intervista citando la tua massima preferita che ho trovato sul tuo sito: “Quanto più l’uomo sconfigge il dolore tanto più lo spirito vince sul corpo”. Oppure ti va di aggiungere dell’altro?
Ho sempre sostenuto che il dolore sia parte fondamentale del tatuaggio e suggerisco alla mia clientela di evitare l’uso di creme anestetiche. In Giappone si usa dire “Gaman”, ovvero la pazienza di sopportare con dignità ciò che sembra insopportabile.

Ringrazio quindi la mia clientela che ha avuto il coraggio, la pazienza e la costanza di sottoporsi a numerose sedute per finire opere di grandi dimensioni. Concludo allungando la lista dei ringraziamenti allo stesso maestro Horiyoshi III (IG: @horiyoshi_3), ai vostri lettori, nonché ai miei amici e alla mia famiglia per il sostegno in tutti questi anni.




