I tatuaggi neri di Marco rispecchiano i suoi numerosi interessi (i film film horror e il neorealismo italiano, le fotografie d’epoca – dalle cabinet card vittoriane ai dagherrotipi –, il folklore e le leggende del suo territorio, ma anche il blues e molto altro) – così come la sua natura, malinconica e un tantino oscura.
Ma leggendo questa intervista conoscerete anche il suo lato più dolce, che svela soprattutto parlando dei suoi affetti e delle persone a cui tiene di più, anche dal punto di vista professionale. Siamo fieri di presentarvi El Nigro, talento italiano da tenere sicuramente d’occhio.
Ciao Marco, per presentarti ai nostri lettori, raccontami chi sei, da dove vieni, qual è la tua formazione artistica e come sei arrivato al tatuaggio…
Certo! Sono Marco El Nigro, nato a Napoli nel Settembre del 1982. La mia introduzione all’arte la devo a mio padre che mi ha avvicinato alla pittura e al disegno quando avevo circa sette anni. Da allora, attraversando varie fasi, non ho più smesso. Dal 1994 al 2005 ho dedicato molto del mio tempo ai graffiti, ma nel 1998-99 ho iniziato il mio percorso nel sistema dell’arte contemporanea.
Ho lavorato in quella direzione con dedizione e passione, esponendo i miei lavori tra gallerie e musei, in Italia e all’estero, in occasione di mostre collettive e personali.
In quegli anni ho avuto la possibilità di confrontarmi con tecniche e modalità espressive nuove, come installazioni, videoarte e fotografia analogica. Nel 2009 ero in attesa di una mia mostra personale all’interno di un’importante museo italiano ma, per incomprensioni, la cosa non si è concretizzata e la delusione provata al momento, dopo due anni di attesa, mi ha portato ad allontanarmi da quel mondo. Il mio interesse verso i tatuaggi era iniziato molti anni prima ma, in quel momento, non sentivo di voler approcciare questo mondo professionalmente.
Mi ci sono voluti due anni prima di convincermi. Anzi, direi che più che convincermi, si è convinta mia moglie (all’epoca la mia compagna) che, stanca di aspettare, mi ha regalato le prime macchinette nel 2011. Il primo anno è stato, ovviamente, di primi tentativi su me stesso, mia moglie e qualche amico. Nel 2012 ci siamo trasferiti a Londra e lì ho avuto modo di conoscere molti bravi artisti e confrontarmi con loro. Direttamente o indirettamente mi hanno insegnato tanto.
Da dove nasce questa tua passione per il nero, invece? Ovviamente non parlo soltanto del colore, ma anche dei soggetti e delle atmosfere dei tuoi tatuaggi.
Sono di temperamento melancolico e sono sempre stato attratto da tutto ciò che è macabro, tetro, inquietante o che in qualche modo ha a che fare con la morte. C’è qualcosa di solenne e regale nella celebrazione della morte, e nell’estetica del lutto in genere, che mi affascina. Questo mi ha portato a studiare, amare e collezionare oggettistica d’epoca vittoriana e edoardiana: periodi in cui si è sviluppata una produzione di gioielleria e accessori dedicata al lutto di una bellezza disarmante.
Mi sembra che i tuoi lavori svelino molto delle tue passioni! Forse mi sbaglio ma vedo riferimenti a un certo cinema horror, alle fotografie dei primi Novecento, ai preraffaeliti, alle incisioni di Albrecht Dürer, alla wicca, ai tarocchi, ma anche allo stile tradizionale del tatuaggio… È così? Da dove vengono le ispirazioni per i tuoi lavori?
È esattamente così! Hai centrato in pieno molti dei miei interessi e fonti d’ispirazione. Amo il cinema in generale, qualsiasi genere, ma ho un debole per gli horror fatti bene e il neorealismo italiano in bianco e nero. Allo stesso modo amo la letteratura, la poesia e l’arte in ogni sua forma. Sono un grande estimatore dell’artigianato e delle cose fatte bene, con l’intento di durare nel tempo.
Le fotografie d’epoca sono un’altra grande passione, dalle cabinet cards vittoriane ai dagherrotipi, alle foto dei primi del Novecento.
Quando posso, non me le faccio scappare. Quindi cerco di trarre ispirazione da tutto quello che mi circonda e mi interessa. Anche il posto in cui vivo, Napoli, ha una grossa influenza sulla mia produzione. Il culto dei morti e la celebrazione del lutto sono sempre stati parte integrante del nostro vissuto.
Basti pensare a luoghi come il cimitero delle Fontanelle, dove le persone adottavano e si prendevano cura di teschi e resti di defunti anonimi, seppelliti lì durante la peste del 1656, e del colera del 1836. Di recente, poi, ho anche scoperto che parte della mia famiglia ha origini beneventane e, addentrandomi nella storia del posto, ho approfondito la storia e la leggenda delle Janare, ossia le streghe che popolavano quei luoghi. Da lì ho iniziato a inserirle nella mia produzione e devo dire che non mi aspettavo una risposta così positiva dai miei clienti, soprattutto in Germania e Spagna.
A questo proposito: come nasce un tatuaggio di El Nigro? Quali sono le tappe che ti portano a un risultato finale soddisfacente, dal primo incontro con il cliente fino ai ritocchi finali?
Per me disegnare è una necessità. Disegno quasi tutti i giorni, anche se ho avuto una giornata piena e i miei figli richiedono tutto il resto del tempo che non passo in studio, cerco di disegnare di notte o appena ne ho la possibilità. Questo fa si che la mia proposta sia sempre ricca e, per fortuna, la maggior parte dei miei clienti scelgono dal mio book quello che più gli aggrada.
Quando, invece, ho richieste specifiche preferisco sempre conoscere di persona il cliente, se possibile, in modo da poter scambiare quattro chiacchiere per capire quali sono i suoi interessi e cercare un equilibrio tra le sua idea e quello che per me è il miglior modo di realizzarla, scegliendo la posizione e le dimensione ideale per far sì che entrambi possiamo essere soddisfatti del risultato finale.
È davvero così importante il disegno nella tua vita?
È un’esigenza. Cerco di disegnare il più possibile, specialmente se mi ritrovo a lavorare su qualche nuova idea o nuovo ciclo. Mi entusiasma e mi rilassa, vorrei solo avere più tempo per dedicarmi a illustrazioni di formato più grande.
Parliamo di tecnica: come è cambiata negli anni e quali sono i tuoi accorgimenti per realizzare un lavoro solido e duraturo?
Tutto è cambiato negli ultimi due anni. Come probabilmente saprai ho cominciato dedicandomi al neo traditional a colori. Anche in quel periodo i miei lavori presentavano già grosse zone di nero piatto nella composizione… e questo perché sono sempre stato convinto che il nero dia solidità e struttura al tatuaggio.
Durante l’ultimo periodo londinese ho cominciato a pensare di eliminare del tutto i colori, ma sarebbe stato davvero difficile, perché tutta la mia clientela ovviamente si aspettava da me neo traditional a colori. Quando poi sono rientrato in Italia e ho dovuto ricominciare tutto da zero, ho preferito resettarmi e cambiare le carte in tavola.
È stato sicuramente un rischio, ma devo dire che mi è andata bene.
Nel blackwork ho trovato un nuovo approccio che mi permette di esprimere quello che sono e quelli che sono i miei interessi e credo che questo le persone lo percepiscano e lo apprezzino. La base del mio approccio al blackwork è il bilanciamento dei neri, sia nei contrasti che nella composizione e questo mi dà modo di poter lavorare, fatta eccezione di alcuni soggetti, in maniera abbastanza semplice. Questo credo aiuti molto la stabilità e la durata del tatuaggio nel tempo.
Parlaci dello studio in cui lavori e delle tue guest in giro per il mondo…
Sono resident al Family Addiction Tattoo Shop da quasi due anni e ho la fortuna e il piacere di lavorare con altri tre artisti che stimo e che ho avuto modo di conoscere e riconoscere come famiglia, nel vero senso della parola. Può sembrare banale e scontato ma è davvero così. In studio c’è una bellissima atmosfera e ci confrontiamo costantemente su tutto, questo ci dà modo di crescere come individui e come gruppo.
Enrico Widler, Maurizio Gobbo e Diego De Sintas sono degli ottimi artisti, con un enorme potenziale di crescita, e sono sicuro che sentirete parlare di loro in un futuro non molto lontano. Per quanto riguarda le guest, al momento, ho due punti fermi in Europa, che sono il Der Grimm di Felix Younghearted a Berlino e l’Ondo Tattoo di Barcellona. Quest’anno ho anche altre guest in programma in giro per l’Europa e ho avuto qualche invito anche negli USA… Credo che organizzerò un tour nel 2020.
Tu sei tatuato? Se sì, da chi e che progetti hai per la tua pelle in futuro?
Sì, sono tatuato anche se non tantissimo, o almeno non quanto vorrei. Ho lavori di Gianni Gabbiano, Valentina Vlad Roce, Lello Morbh, Uncle Allan, Maurizio Gobbo ed Enrico Widler. Ho in programma molti progetti e scambi con tatuatori amici che stimo e che incontro specialmente durante i viaggi ma, purtroppo, abbiamo sempre poco tempo a disposizione per concretizzare la cosa. Probabilmente i prossimi a infliggermi dolore saranno Felix Younghearted, Gromov, Lucky Luchino, El Uf e Oscar Hove.
Qual è la colonna sonora delle tue giornate di lavoro? E che cosa ascolti fuori dallo studio?
Davvero di tutto. Colleziono vinili blues, dall’early blues del Mississipi al chicago blues, ma sono un grande fan del rock classico, del metal anni ’80 e ’90 e di quel genio eclettico che è Tom Waits. Ascolto anche musica classica, jazz, folk e country. Dipende dal mood!
Frequenti le convention?
Non come vorrei. Tra famiglia e lavoro il tempo a mia disposizione è davvero poco e, quando posso spostarmi, preferisco viaggiare come guest piuttosto che partecipare alle convention. Durante le mie guest ho l’occasione di trascorrere del tempo con persone che stimo e ammiro, di confrontarmi e di poter tornare a casa arricchito personalmente e professionalmente. Dal prossimo anno cercherò di essere un po’ più presente anche alle convention. Di farne poche ma buone.
Visto che ormai si avvicina la fine dell’anno ed è tempo di bilanci e classifiche: come è stato il tuo 2018 e cosa ti aspetti dal 2019?
Direi che quest’anno è andato benissimo! Con lo studio siamo cresciuti molto e siamo riusciti a raggiungere qualche piccolo traguardo, che per uno studio di appena due anni è già una soddisfazione. Ho avuto modo di conoscere tante belle persone e artisti durante i miei viaggi, creare nuove amicizie e consolidarne altre, e collaborare con talentuosi artisti e brand. Per il 2019 ho tante cose in programma, nuove guest, nuove collaborazioni e nuovi progetti personali di cui, però, non voglio anticiparvi niente per non rovinarvi la sorpresa…
C’è qualcosa che non ti ho chiesto e che vorresti aggiungere prima di salutarci?
Per le domande che mi hai fatto avrei potuto scrivere un libro, quindi ho cercato di essere il più conciso possibile (ride). Vorrei solo aggiungere dei sinceri ringraziamenti. In primis a voi per il supporto e la considerazione, ai miei amici e colleghi del Family Addiction Tattoo, ai ragazzi del Der Grimm di Berlino, all’ONDO Tattoo di Barcellona e, in particolare, a Lucky Luchino, per l’impeccabile ospitalità e le lunghe chiacchierate notturne. A tutti coloro che mi hanno scelto per collaborazioni in questo 2018 tra cui Simone El Rana, Andy Howl della Howl Books, Cerberus Clothing, Daniel Martino, Scene 360 Magazine e Amodus. Inoltre un ringraziamento speciale va ai miei genitori, alla mia famiglia e alla mia bellissima moglie. Probabilmente senza di lei oggi non sarei qui a rispondere a queste domande.