Una «decorazione che segue il flow del corpo umano». Così la tatuatrice sarda, residente in Germania, prova a descrivere la magia irradiata dai suoi tatuaggi.
Abbiamo raggiunto Diamante Murru, tatuatrice specializzata in stile ornamentale, a Berlino, dove si è trasferita da un po’ di tempo. E questo è quello che ci ha raccontato in una lunga e dettagliata intervista, dove è prevalsa in primis la sua personalità oltre all’amore incondizionato per questo mestiere.
Ti chiami come la famosa canzone di Zucchero “Sugar” Fornaciari. Mi stavo chiedendo se ci fosse un’analogia tra il tuo nome e quella ballad…
In effetti il mio nome suscita sempre un po’ di curiosità. (sorride) E comunque no, non c’è nessuna connessione con quel brano se non per il fatto che è uscito lo stesso anno in cui io sono nata (1989, NDR).
Mia sorella maggiore chiese ai miei genitori di chiamarmi così per via della mia nascita difficile, dopo che i medici mi avevano dato ben poche speranze di vita. Non so se in quel momento sapesse che il diamante è pure la pietra più dura che esista al mondo ma, se anche così non fosse, è stata una bella coincidenza.
Quando hai avuto l’illuminazione che avresti fatto la tatuatrice professionista?
Più che un’illuminazione, è stato un percorso spontaneo. Ho sempre disegnato fin da quand’ero piccola. E anche quando non sapevo esattamente cosa avrei fatto nella vita, mi ero ripromessa di lavorare con l’arte. E così è stato.
Illustrami le tue tappe fondamentali…
Appena finito il liceo ho iniziato a lavorare in teatro con i trucchi, gli effetti speciali e il body painting, attività che mi ha visto protagonista anche in privato per quel che riguarda servizi fotografici, video clip musicali e altro. Nel frattempo ho iniziato a tatuare, incuriosita e affascinata da un diverso tipo di body art, con delle radici ancora più antiche. Risultato? Eccomi qui! (ride)
Hai incontrato dei maestri per affinare il tuo stile oppure ti reputi un’artista autodidatta?
Sì, ho incontrato dei maestri, ma non ho mai avuto un vero e proprio apprendistato. Ho iniziato a tatuare da sola, per poi lavorare quasi subito in diversi studi in cui ho avuto la possibilità di avere accanto degli artisti che mi hanno gentilmente messo a disposizione la loro esperienza aiutandomi di conseguenza a trovare la mia strada, colmare le mie lacune e crescere. Molti di loro sono tuttora dei miei carissimi amici. Posso aggiungere una cosa?
Certo!
Mi ha decisamente aiutato, nel mio percorso, il fatto d’avere sul mio corpo una bodysuit tatuata da un unico artista. Artista da cui – a livello tecnico, artistico e umano – ho imparato davvero tantissimo. Il nostro rapporto particolare probabilmente ha fatto sì che lui diventasse il mio mentore.
Cosa ti ispira maggiormente quando ti appresti a disegnare?
Come si può notare ho preso molte influenze dall’arte asiatica, specialmente indiana e del sud-est asiatico, ma mi ispira parecchio la natura in generale. Scatto molte fotografie da cui poi traggo ispirazione per disegnare foglie, piante, pavimenti, cancelli ecc. Qualsiasi cosa che i miei occhi possano poi trasformare in un’immagine astratta. Una decorazione che segua il flow del corpo umano.
Hai smesso di essere una tatuatrice nomade, vero?
Esatto. Vivo e lavoro prevalentemente a Berlino, e torno in Italia pochissimo. Giusto per andare in Sardegna a trovare la mia famiglia e lavorare nello studio sull’isola che mi ospita da circa tre anni. Eppure, come ti ho detto, ormai gestisco la mia professione in Germania. E da un po’ di tempo pure periodicamente negli Stati Uniti, più le varie convention e guest spot in Asia in cui mi piace tornare ogni anno.
Ad uno studio di tua proprietà hai mai pensato?
Mi piace lavorare a contatto con altri artisti quindi, se anche in futuro dovessi avere uno spazio solo mio, ospiterebbe di certo anche altre persone. Ma non è il mio programma, per adesso. Amo continuare a viaggiare e di conseguenza, più che gestire un tattoo parlour, mi limito a lavorarci dentro.
Mi descrivi lo stile dei tuoi tatuaggi? Ti giuro che appena riconosco un’influenza, immediatamente ne scorgo un’altra. Anche all’interno dello stesso soggetto…
Credo si possa definire, in linea di massima, Ornamentale, ma non mi piace categorizzarlo dentro rigidi schemi. Spesso ho in mente e disegno cose molto diverse tra di loro, perciò un giorno tendo più al Geometrico e il giorno dopo prediligo delle forme decisamente più morbide.
Allo stesso tempo cerco sempre di creare qualcosa di originale, di non ripetermi e di sperimentare inserendo ogni volta qualcosa di nuovo. In qualsiasi caso adoro sempre bilanciare le mie composizioni tra linee e tanto nero.
Mi è piaciuto molto il portrait che ha dedicato a Frida Kahlo. La sua immagine sembra quasi deformata e vista attraverso i raggi di un monitor. Che ne pensi?
Mi piace quest’interpretazione. Anche io adoro quel pezzo, probabilmente per il soggetto ritratto. Ho realizzato tanti disegni con quella tecnica che ho adottato per la prima volta tanti anni fa.
Tecnica creata un po’ per gioco, un po’ per creare effettivamente qualcosa di nuovo. Ha funzionato e, di tanto in tanto, qualcuno continua a chiedermi quel tipo di elaborazione. Sai, non sono una fan del tatuaggio realistico e mi piace far notare come, escludendo le sfumature, si possa comunque creare il volume di un viso.
Ci sarà sempre e solo nero nelle tue opere (immagino per una questione di eleganza) oppure in futuro darai una chance anche al colore?
Vuoi sapere la verità? Penso che un giorno darò una chance al colore… nero! (ride)