Curiosi di sapere come Alessandro sia diventato uno dei tatuatori più cool del ‘‘Lacrimanera Tattoo Saloon’ di Firenze? Il suo segreto risiede in fondo al mare…
Com’è che un bel giorno Alessandro Arbi decide di scegliersi per soprannome Alino The Tentacle e incomincia a lasciare la sua firma nel mondo della tattoo art?
Beh, il soprannome “Alino”, diminutivo di Alessandro, era già il nomignolo con cui mi chiamavano i miei amici da ragazzo. Nomignolo inevitabile in quanto ero sempre il più piccolo del gruppo, sia fisicamente che di età; e relativo soprannome che mi ha seguito fino ad oggi con tutte le persone che ho conosciuto e con cui sono entrato in confidenza.
L’appellativo “The Tentacle”, invece, deriva da un aneddoto di infanzia. Ovvero durante il mio primo incontro ravvicinato con un polpo, quando quest’ultimo mi si avvinghiò attorno ad una mano! All’epoca avevo tipo cinque anni e quella stretta mi affascinò e terrorizzò allo stesso modo…
La cosa che mi ha particolarmente incuriosito di te è che tu arrivi da studi legati alla computer grafica, al design digitale e ai lavori in 3D. Come è stato approcciare una materia “organica” (pelle, inchiostri, macchinette ad aghi) come la tattoo art?
Si è trattato letteralmente di amore a prima vista! (ride) Sai, disegno fin da quando ho memoria e sempre da autodidatta. In gioventù ho scelto di frequentare il Liceo Classico proprio per non essere costretto a disegnare tant’è che, durante quel periodo, non feci altro che divertirmi col disegno e dipingere con le bombolette a spray.
Poi cos’è successo?
Finito il liceo rimasi affascinato dalle nuove possibilità creative offerte dalla computer grafica e così decisi di intraprendere un altro percorso di studi. Una volta laureato e con diversi anni di lavoro nel settore grafico alle spalle, ho invece sentito la necessità di tornare ad un approccio più “materico” per potermi esprimere. E poi era già qualche anno che uno dei miei migliori amici insisteva a dirmi che avrei dovuto provare a tatuare…
E tu hai preso la palla al balzo?
Sì. Ho iniziato a pensarci seriamente ed un giorno ho provato ad auto-tatuarmi. Chiaramente non ne venne fuori un capolavoro (anche se ne vado particolarmente fiero del mio primo tatuaggio…), eppure rimasi come “flashato” dalla possibilità di disegnare qualcosa in maniera indelebile su pelle.
Diciamo che quell’arte misteriosa, piena di segreti da scoprire e abilità da dover apprendere e sviluppare mi aveva subito catturato!
Da quel giorno, ogni volta che mi sono approcciato al tatuaggio, è sempre stato con l’intenzione di imparare qualcosa in più. Migliorare e affinare le mie capacità, ecco.
Si dice che un tatuatore per poter farsi conoscere da più appassionati possibili deve fin da subito adottare un suo stile riconoscibile. Tu, da questo punto di vista, mi sembri messo bene per via dei tuoi ricercati soggetti marini. Che ne pensi?
Ti ringrazio! Sicuramente avere uno stile riconoscibile al giorno d’oggi è fondamentale per emergere e farsi riconoscere, ma spesso questo stesso stile può risultare anche come un limite al progresso artistico e tecnico personale. Sai, se c’è una cosa che ho imparato dal mondo del design è la seguente: più tecniche e stili si padroneggiano, più il nostro linguaggio artistico sarà vario e fresco.
Per questo, anche se è vero che sui social preferisco spingere il tema che mi affascina di più (il mare, appunto), poi amo tatuare utilizzando ogni genere di stile e tecnica.
Sei nato a Firenze che sorge su di un fiume. La passione per il mare e il gusto del salino come nasce in te? Frutto di vacanze sul mar Tirreno?
Beh, c’è chi da bambino restava affascinato dai cowboy o dai dinosauri mentre io sono sempre stato attirato dagli animali in generale e dalle storie legate al mare. Ho avuto la fortuna di crescere tra Firenze e l’Isola d’Elba frequentandola sia in estate che in inverno.
Alla fine degli anni ‘80 l’Elba non era ancora diventata un luogo di villeggiatura mainstream (come poi è realmente successo) e Porto Azzurro aveva ancora quel fascino da vecchio paesino di pescatori. Località che, filtrata attraverso i miei occhi di bambino, ha fatto maturare in me quell’immaginario che mi tuttora contraddistingue.
Tu ti districhi tra diversi stili e non starò qui a chiederti quale preferisci, ma come tecnica sei più da carta velina o da mano libera?
Personalmente sono da mano libera per la stragrande maggioranza dei miei lavori. Sai, il tipo di approccio e la lettura dei cambi di piano anatomico sono decisamente fondamentali per fare apparire un tatuaggio su pelle come una presenza naturale e non forzata.
Quindi ricorro all’uso di stencil solo dove mi viene richiesta una precisione geometrica, foto-realistica o in generale quando mi può fare comodo.
In ogni caso penso che non esista un “top” assoluto per quel che riguarda gli strumenti a nostra disposizione.
Una rotativa può essere il mezzo giusto per certi tipi di tatuaggi; per altri magari è meglio una bobina; e talvolta può anche essere utile ricorrere ad un hand-poke.
Riguardo alla scelta dei tuoi soggetti, hai dei film, documentari o romanzi che ti hanno particolarmente colpito quando si parla esclusivamente di fauna marina?
Uno dei film che mi ha segnato è stato ovviamente ‘Lo Squalo’ diretto da Steven Spielberg, un vero must degli anni ‘70! Per quanto riguarda i libri, invece, ti vorrei menzionare ‘Robin dei Pirati’, una lettura per bambini illustrata da Adelchi Galloni, oltre a classici della letteratura mondiale quali ‘Moby Dick’, ‘Ventimila Leghe Sotto i Mari’ e ‘Le Avventure di Robinson Crusoe’.
Com’è lavorare al ‘Lacrimanera Tattoo Saloon’ di Firenze in mezzo a due colleghi (Lorenzo Provvedi e Riccardo Riccobono) ed una collega (Elisa Baregi)?
Il ‘Lacrimanera Tattoo Saloon’ ha giocato un ruolo fondamentale nella mia crescita artistica e tecnica. Lavorare ogni giorno a stretto contatto con un veterano del tatuaggio come Lorenzo, ascoltare i consigli tecnici di Riccardo o ancora il confronto con un amico e maestro come Bue2530 sono momenti senza pari.
E poi, avere la possibilità di osservare da vicino nomi illustri del tattoo come Alessandro Pellegrini, Morg Armeni, Ottorino D’Ambra, Pierluigi Deliperi, Yao e Francesca DeAngelis (giusto per nominarne qualcuno), mi ha sicuramente aiutato ad acquisire quella tecnica in grado di far emergere in maniera solida il mio immaginario su pelle. Con Elisa ci siamo conosciuti solo negli ultimi anni quando è entrata a far parte del gruppo, ma abbiamo sviluppato un ottimo rapporto.
E le tue ultime parole famose sono…?
Guarda, piuttosto preferirei congedarmi con una mia massima: “Fai credere al pubblico che sei al massimo delle tue potenzialità e poi mostra loro che in realtà ti stai solo riscaldando!”.